Chiediamo di fissare quanto prima l’udienza di merito per accertare tutte le responsabilità in capo all’ATS Pavia.
Come sappiamo, la situazione al rifugio Cuori Liberi, è critica, tutti i suini ospitati, che per giunta non sono destinati a produzione alimentare, rischiano di essere uccisi.
Abbiamo già diffuso notizia che il TAR Lombardia non ha accolto la richiesta avanzata da LAV e altre associazioni di sospendere l’esecuzione dei maiali del rifugio Cuori Liberi, ma ha fissato un’udienza di sospensione al 5 ottobre.
Con Vita da Cani, Cuori Liberi e Lega Nazionale per la difesa del Cane abbiamo diffidato l’Azienda Sanitaria Locale a procedere con le uccisioni prima del giudizio collegiale del TAR del 5 ottobre e presentato appello al Consiglio di Stato per impedire, fin da subito, l’ingresso nel rifugio a chi intende uccidere tutti i 35 maiali ospitati.
Che l’uccisione non sia la
soluzione risulta evidente dal fatto che, nonostante le misure adottate, la peste
suina africana continua da tempo a diffondersi nel territorio europeo e nazionale.
Endemica dell’Africa sub-sahariana, dove la malattia venne inizialmente
scoperta, la PSA in Europa, fino al 2007, era confinata unicamente alla
Sardegna. Nel 2007 si erano verificati focolai
di PSA in Georgia e la malattia si era diffusa nei Paesi limitrofi.
L’Italia è stata uno degli ultimi Paesi europei a essere raggiunta dalla PSA nel 2022. E, secondo l’ultimo bollettino epidemiologico diffuso dal Ministero della Salute, la PSA, da Liguria e Piemonte, si è estesa anche in altre Regioni, quali Lazio, Calabria, Lombardia, oltre la Sardegna.
Sembra dunque che le soluzioni prospettate, che ciclicamente vengono proposte, non siano affatto risolutive, quanto, piuttosto, orientate a soddisfare le richieste di un certo numero di allevatori e cacciatori .
Chiediamo al Commissario Straordinario per la PSA Vincenzo Caputo se, allo stato dei fatti, le disposte misure “a tolleranza zero” per gli animali, come da lui stesso dichiarato in diverse occasioni, si stiano rivelando efficaci e decisive o, piuttosto, inutili e dispendiose.
Tra l’altro, è importante precisare che, nonostante le misure estreme - ed inefficaci - adottate per contrastarla sembrino suggerire il contrario, la PSA è una malattia virale di suini e cinghiali, innocua per l’uomo: non si tratta dunque di una zoonosi.
Essendo il virus innocuo per
l’uomo, le misure previste sono motivate non tanto da ragioni sociosanitarie,
quanto, piuttosto, da interessi economici strettamente collegati al comparto
zootecnico, già insostenibile di per sé.
La produzione di cibo cui siamo abituati è fallimentare e crudele: questi virus e le decisioni prese dalle stesse autorità mostrano chiaramente l’enorme falla del sistema. Un sistema che, per salvare il prodotto, ordina l’uccisione di milioni di animali, anche in via preventiva è un sistema malato.
L’uccisione preventiva è un’uccisione “senza necessità”, dicitura prevista dall’art 544 bis del Codice penale.
E nel caso di specie, non vi è alcuna necessità trattandosi di animali che rimangono confinati nel rifugio Cuori Liberi e che dunque non devono essere spostati verso stabilimenti di macellazione ed il rifugio stesso non ha movimentazioni di animali in entrata ed in uscita.
Queste uccisioni preventive e “senza necessità” vengono perpetrate ai danni di esseri senzienti, indipendentemente dal fatto che gli animali stiano bene o meno, ma solo sulla base di un rischio di aver contratto una malattia, tra l’altro non trasmissibile all’uomo.
Disporre così facilmente uccisioni di animali, anche in via preventiva, non è più possibile e si continua anche a rivelare inutile.
Inoltre, la centralità e la statualità della disciplina di tutela degli animali, ottenute con la recente riforma costituzionale dell’art. 9, impongono di affrontare il tema di malattie quali la peste suina in modo diverso.
La soluzione non può essere lo sterminio. Non lo è mai stata. Il dilagare della PSA richiede anche di cambiare il sistema alimentare ed il nostro rapporto con gli animali.