La leggina Lollobrigida è di fatto inapplicabile. Inviata la richiesta apertura della procedura d’infrazione.
Si discute di carne coltivata e si coglie l'occasione per approvare un emendamento contro gli alimenti vegetali i cui nomi fanno riferimento alla carne, agli insaccati e ad altre preparazioni derivate. Il cosiddetto Meat Sounding.
La lobby della carne ci aveva già provato – fallendo – in Francia. Perché considerare i cittadini incapaci di leggere un’etichetta alimentare, per altro esplicitamente chiara per legge?
Al Senato, nella revisione del testo del Ddl 651 “Disposizioni in materia di divieto di produzione e di immissione sul mercato di alimenti e mangimi sintetici”, la Lega sfrutta l’occasione per attaccare nuovamente gli alimenti 100% vegetali.
Non sapendo più come fermare l’incremento delle vendite e della produzione di prodotti completamente plant-based, alternativi a carne ed insaccati, e ritenendo gli italiani incapaci di comprendere la differenza di un prodotto sulla base del proprio nome, le Commissioni Agricoltura e Sanità del Senato hanno approvato un emendamento a prima firma Centinaio e Bergesio della Lega al Disegno di Legge 651 “Disposizioni in materia di divieto di produzione e di immissione sul mercato di alimentati e mangimi sintetici”, per vietare l’utilizzo di nomi come “burger di seitan”, “bistecca di soia”, “affettato di mopur”.
Tale manovra non è altro che espressione di una deliberata volontà di ostacolare la diffusione di prodotti completamente plant-based, ripetutamente indicati – dall’ultimo report di IPCC per esempio – come necessari per combattere il cambiamento climatico e che sempre più persone decidono volontariamente di acquistare come alternativa ad alimenti derivanti dallo sfruttamento e dalla sofferenza degli animali. I consumatori che acquistano regolarmente prodotti completamente vegetali in Italia sono più del 37% (Eurispes 2022) ed è quantomeno irreale credere che oltre un terzo degli italiani non sia in grado di discernere la composizione dei prodotti che acquista.
Ciò che il Parlamento Europeo tre anni fa aveva fatto uscire dalla porta, respingendo un analogo emendamento contro il cosiddetto ‘meat sounding’, rientra dalla finestra in Italia in un provvedimento che tratta di altro, ponendo l’Italia sempre più lontana dalle decisioni continentali su questi importanti temi. Peraltro l’emendamento calpesta l’iter di un’apposita proposta normativa sulle diciture dei prodotti all’esame del Parlamento. Ci appelliamo ora al Presidente del Senato e a tutti i Senatori affinché questo articolo del Disegno di Legge venga cancellato, in quanto estraneo per materia oltre che discriminatorio nei confronti degli agricoltori e dei produttori di un settore economicamente rilevante e rilevante per l’economia del paese quanto quello dell’allevamento e della macellazione.
Nel 2016, infatti, la Commissione Europea ribadì che non aveva in programma l’introduzione di denominazioni tutelate per i prodotti a base di carne, ritenendo che le disposizioni applicabili offrissero una base giuridica sufficiente per tutelare i consumatori da indicazioni ingannevoli.
Eloquente risulta in tal senso il caso della Francia: nel luglio 2022 il Consiglio di Stato francese ha infatti annullato il decreto pubblicato un mese prima dal Governo, che vietava l’utilizzo delle denominazioni dei prodotti a base di carne per etichettare gli alimenti ‘equivalenti’ composti solo da vegetali (unica eccezione prevista la parola burger). Alla luce di tale pronunciamento, anche la Francia è tornata ad allinearsi alla posizione del Parlamento UE.
L’emendamento di Centinaio e Bergesio non solo dimostra paura nei confronti della transizione alimentare, ma anche il disinteresse per lo sviluppo di tutto il settore agrifood nazionale.
Non è altro che una sconsiderata manovra opposta al progresso economico, ecologico ed etico del nostro Paese.