Non bastava la brutta vicenda di vivisezione clandestina nella quale l’Università di Modena è stata coinvolta nel 2011, oggetto di un’interrogazione parlamentare. L’Ateneo modenese riesce ancora a perdere credibilità con le dichiarazioni della Prof.ssa Battini e del Prof. Nichelli nella conferenza stampa di ieri.
Commentando l’uso di macachi al centro dello scandalo, si afferma che “gli sperimentatori diventano empatici, specialmente con i primati”. Pare di vederli i buoni vivisettori, immobilizzare un macaco nell’apparecchio di contenzione, creare una breccia ossea nel suo cranio e inserire gli elettrodi, ovviamente senza anestesia, ma con tanta “empatia”.
Un’altra bella favola è quella della “vivisezione che non esiste”. Figuriamoci, si tratta solo di sperimentazione animale. A questi professori, che non sanno che vivisezione e sperimentazione animale sono sinonimi, vorremmo chiedere: cosa bisogna fare di più a un animale vivo e cosciente, perché si possa parlare di vivisezione?
La loro conclusione, involontariamente umoristica, è che sono le associazioni animaliste, non le Università, a dover provvedere all’acquisto di metodi per la ricerca innovativa! Ma questi luminari della scienza non sanno che è esattamente ciò che ha fatto la LAV di Modena in passato, acquistando e poi regalando alla Facoltà di Scienze metodi per superare la vivisezione a scopo didattico. Metodi innovativi ed efficaci, di cui ovviamente i docenti universitari ignoravano l’esistenza.
Auspichiamo che l'Università di Modena, invece di polemizzare con le associazioni animaliste, investa di più nell’aggiornamento tecnologico e che trovi, nei tanti metodi sostitutivi disponibili, una via alternativa alla sperimentazione animale.