Da sempre la LAV denuncia come dietro le industrie che si avvalgono della sperimentazione animale, non ci sia etica, né verso gli animali né, tantomeno, verso gli uomini. Chi fa vivisezione continua a indurre facili e fuorvianti emotività, cavalcando il noto stereotipo “sacrificare un topo per salvare un bambino”, ma la sperimentazione animale, in realtà, è solo un alibi per coprire con un silenzio omertoso ricerche che non portano a nulla, spesso influenzandone gli esiti, continuando a sperperare fondi e sacrificando lavoro e vite.
L’ennesima conferma arriva da uno studio di Charles Seife, docente di giornalismo della New York University, pubblicato da Jama Internal Medicine, secondo cui l’FDA (Agenzia Americana per gli Alimenti e i Medicinali) tra il 1998 e il 2013, avrebbe riscontrato 57 violazioni gravi durante le verifiche condotte su alcune sperimentazioni, ma solo in tre casi le violazioni sarebbero state riportate negli articoli scientifici pubblicati dopo la fine dei test.
Secondo Charles Seife, ''in qualche caso si trattava di condotte molto gravi, in uno studio ad esempio il resoconto riportava che tutti i pazienti avevano avuto un miglioramento, mentre invece uno di quelli coinvolti aveva subito una amputazione due settimane dopo il trattamento. In un altro caso, l'intero test clinico era stato definito dall'FDA 'inaffidabile', ma i relativi risultati furono puntualmente pubblicati''.
Questo immorale meccanismo non è altro che l’ennesimo ingranaggio di un sistema che protegge gli interessi economici e di carriera del mondo della ricerca, di cui la sperimentazione animale è solo un primo step e quella umana è l’ultimo. La condanna di Green Hill ha ben evidenziato come ispezioni, controllori e rispetto dei protocolli siano spesso poco attendibili e pilotati.
Proprio per contrastare questo fenomeno, durante l’iter di recepimento della Direttiva che regolamenta la sperimentazione animale, la LAV aveva proposto che la norma prevedesse l’obbligo di pubblicare anche gli studi con esito negativo, un passo fondamentale (e ovvio) per evitare duplicazioni e perdita di fondi, risorse, lavoro e vite. Purtroppo, la nostra proposta non è stata accolta, così come tante altre, a dimostrazione che la lobby vivisettoria è potente, tanto da riuscire a tenere le gabbie dei laboratori ben chiuse e lontano dagli sguardi dell’opinione pubblica.
Michela Kuan
Responsabile LAV Settore Vivisezione