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Parlare di vivisezione è, purtroppo, ancora molto attuale

Il libro "Io le patate le bollo vive" edito da Einaudi mette in dubbio la terribile realtà dei laboratori, relegando il termine vivisezione ad un passato che non esisterebbe più. La verità però è tutt’altra ed è scritta dai milioni di animali ancora oggi vittime di atroci sofferenze.

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Ultimo aggiornamento

martedì 21 novembre 2023

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#sperimentazione
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Qual è la verità sugli animali ancora oggi presenti nei laboratori?

La recente pubblicazione "Io le patate le bollo vive" edita da Einaudi mette in dubbio la terribile realtà dei laboratori, relegando il termine vivisezione ad un passato che non esisterebbe più. La verità però è tutt’altra ed è scritta dai milioni di animali ancora oggi vittime di atroci sofferenze.

Qual è la verita sugli animali ancora oggi presenti nei laboratori?

Si usa la parola sperimentazione animale per edulcorare il concetto di milioni di animali sottoposti a fratture, ustioni, asportazione di organi, prelievi, somministrazione di sostanze tossiche, immobilizzati e spesso senza anestesia, così da nascondere e appannare il senso istintivo di rifiuto all’orrore vendendo la sperimentazione animale come “un piccolo male necessario per il progresso della scienza”

A fine esperimento gli animali muoiono per effetto di sostanze tossiche, operazioni invasive oppure soppressi per studiarne i tessuti. Se sopravvivono, possono essere riutilizzati e ricominciare un nuovo ciclo di sofferenza

Per legge la puntura di un ago non è nemmeno un esperimento; quindi, le statistiche ufficiali, che mostrano milioni di animali utilizzati, fanno riferimento sempre ad esperimenti invasivi.

Solo per fare alcuni esempi citati nella legge stessa: scosse elettriche inevitabili (ad esempio per indurre impotenza acquisita); stress da immobilizzazione per indurre ulcere gastriche o insufficienze cardiache; nuoto forzato o altri esercizi in cui il punto finale e' l'esaurimento. Esperimenti a cui si aggiunge la violenza fisica e psicologica della stabulazione. Un cane o una scimmia non sono nati per vivere in una minuscola gabbia illuminata dal neon con una griglia come parete.

Quindi perché non si sente più parlare di vivisezione?

Il sottile inganno sta nell’utilizzare etichette che “rassicurano” il cittadino che tale orrore non esiste più; giornali, media e ricercatori che usano animali, scelgono di non far vedere ciò che accade nei laboratori negando il diritto alla conoscenza e alla scelta per una ricerca diversa

Se facessimo entrare le telecamere in uno stabulario, cosa vedremmo e sentiremmo? Le poche volte che ci sono riusciti, abbiamo trovato animali impazziti che bevevano la loro stessa urina, ridicolizzati dal personale che li usava come marionette o lasciati morire agonizzanti sul fondo delle gabbie. Se non fosse vero perché non mostrano mai quello che accade nei laboratori? Perché non danno in adozione gli animali che sopravvivono?

I progetti prevedono inserzione di cannule direttamente nella giugulare, impianti cranici, elettrodi nel cervello, fratture ossee, non esiste un esperimento senza dolore, chi afferma il contrario va contro la definizione stessa della legge volendo fare presa sull’opinione pubblica e continuando a non impegnarsi nella promozione dei modelli animal-free.

I primi che dovrebbero lottare per una scienza human-based senza animali sono i ricercatori stessi e chi rappresenta gli istituti di ricerca visto che lo dice la legge nero su bianco; invece, viviamo incredibilmente in un Paese che continua a sostenere e dare spazio a difensori della vivisezione, offrendo il fianco a un Europa che ci deride.