Il Ministero della Salute ha selezionato i progetti per lo sviluppo del vaccino che inibisce la fertilità dei cinghiali. Un risultato eccezionale raggiunto grazie anche al costante impegno della LAV.
Grazie a un emendamento parlamentare inserito nella Legge di Bilancio 2022 promulgata dallo scorso Parlamento, il Ministero della Salute aveva messo a disposizione 500 mila euro per lo sviluppo della ricerca sul vaccino immunocontraccettivo GonaCon per i cinghiali. Un risultato eccezionale raggiunto grazie anche al costante impegno della LAV nelle attività di Rapporti Istituzionali e reso spendibile dal Ministro Speranza con Atti di fine del suo mandato.
Il GonaCon è un farmaco anticoncezionale sviluppato negli USA, dove è utilizzato da anni per il controllo demografico delle popolazioni di cavalli allo stato brado, ma che ha dimostrato piena efficacia anche nei cinghiali, nei quali una sola iniezione ne blocca la riproduzione per un periodo che può arrivare fino a sei anni.
L’unico limite al suo impiego su larga scala è rappresentato dal fatto che l’attuale formulazione ne consente l’utilizzo esclusivamente mediante iniezione. Per questo motivo lo scorso anno, in sede di redazione della Legge di Bilancio 2022, il Parlamento aveva deciso di finanziare due progetti di ricerca al fine di mettere a punto una formulazione che consenta la somministrazione del farmaco tramite esche alimentari.
Finalmente è stato fatto il primo passo nella giusta direzione, le alternative non cruente esistono e il GonaCon lo dimostra definitivamente. Questi due progetti rappresentano una speranza per un futuro nel quale i fucili dei cacciatori siano messi definitivamente al bando, a favore di una soluzione incruenta, efficace e accettata dalla maggioranza dei cittadini da sempre contrari alla caccia.
I due progetti selezionati dal Ministero della Salute sono stati presentati da due coalizioni di primissimo piano scientifico che comprendono, per il primo progetto, l’Istituto Zooprofilattico del Lazio e della Toscana, la dott.ssa Giovanna Massei, l’ISPRA, le Università di Milano, Pisa e di Roma Tor Vergata, nonché l’ASL Roma3. Il secondo progetto coinvolge invece gli Istituti Zooprofilattici del Mezzogiorno, di Umbria e Marche, le Università del Queensland (Australia) e di Napoli Federico II.
Nel corso dei due anni di durata dei progetti, il farmaco contraccettivo sarà somministrato ai cinghiali in forma orale e ne sarà verificata l’efficacia nel corso del tempo, mediante semplici prelievi del sangue. Gli animali vivranno allo stato semi brado in aree confinate che comprendono anche la tenuta presidenziale di Castelporziano, dove precisi protocolli ne garantiranno il rispetto di ogni esigenza.
Si tratta infatti di farmaci dagli effetti già conosciuti, per i quali non è prevista alcuna sperimentazione pre-clinica, ma solamente uno studio sulla loro reale efficacia nella formulazione sviluppata per l’assunzione tramite via orale su animali detenuti in stato di semi libertà.
Lo sviluppo delle potenzialità del farmaco immunocontraccettivo rappresenta al momento l’unica concreta possibilità per favorire la convivenza tra i cinghiali e le attività agricole che si svolgono sui loro territori nel pieno rispetto della vita degli animali.
Da decenni, infatti, i cinghiali sono perseguitati quotidianamente, durante tutto l’anno, da un esercito di cacciatori. Tuttavia, i danni all’agricoltura loro imputati non solo non accennano a diminuire, ma sono in continuo incremento.
I risultati ottenuti dai progetti finanziati nei prossimi due anni, si configurano quindi come la dimostrazione che un’alternativa non cruenta esiste, rappresentano perciò il primo passo concreto per chiudere definitivamente con la caccia, un sistema barbaro e violento che ancora oggi e nonostante le evidenze, viene considerato in grado di garantire gli equilibri faunistici da coloro che credono alla favola del cacciatore-ambientalista.