Abbiamo presentato le azioni che possono essere subito attivate per ridurre i rischi per cittadini e orsi favorendo la convivenza.
Non sapremo mai come sono andate realmente le cose, cos’è che ha scatenato la reazione dell’orso, ma l’esito dell’autopsia è inequivocabile: stando a quanto riportato da Ansa, il runner è morto per le ferite procurategli da un orso.
LAV esprime profondo cordoglio alla famiglia di Andrea Papi.
Ora, come già accaduto in tutti gli altri incidenti con gli orsi, scatterà la reazione istituzionale, con tutta probabilità la Provincia emetterà un’ordinanza per l’uccisione dell’orso, che comunque non modificherà minimamente la sicurezza della zona.
La Provincia di Trento continua ad agire per reazione, solo rispondendo agli incidenti con catture o uccisioni. Una strategia fallimentare, semplicemente perché per ogni orso imprigionato o ucciso ce ne sono altre decine che, potenzialmente, potrebbero rappresentare un problema in futuro, se i cittadini non saranno messi in condizione di conoscere quali sono le regole di comportamento da seguire in un territorio frequentato dagli orsi. Qualche anno fa la Provincia di Trento ha riassegnato la competenza della gestione dei grandi carnivori, trasferendola nell’ambito della Protezione Civile, operazione anche questa rivelatasi fallimentare, considerato che dal punto di vista della prevenzione degli incidenti nulla è cambiato.
È perciò evidente che il pericolo maggiore per i cittadini trentini non è tanto rappresentato dagli orsi in sé, quanto dalle stesse politiche messe in atto dalla Provincia, che non sono mai state in grado di fornire ai cittadini le informazioni necessarie per poter vivere il territorio, dopo il profondo mutamento indotto dall’introduzione degli orsi - avvenuta all’inizio degli anni 2000 per volontà della Provincia stessa.
I cittadini sono stati lasciati in balìa di sé stessi, come se la presenza o meno degli orsi sul territorio non facesse alcuna differenza. Tutto ciò nonostante già nel 2002, quando gli orsi in Trentino erano poco più di una decina, la Giunta provinciale aveva già ravvisato la necessità di dotarsi di un piano “al fine di assicurare le condizioni per una coesistenza pacifica”. Ma da quel momento non è stato fatto più nulla, nessuno dei Presidenti che si sono succeduti alla guida della Provincia si è più curato della sicurezza dei cittadini. Neppure quando, nel 2016, è stato messo a punto il Piano di comunicazione redatto dal Parco Naturale Adamello Brenta con il MUSE, in collaborazione con il Settore Grandi Carnivori della Provincia. Un Piano che ha come obiettivo generale “l’accettazione sociale nei confronti dell’orso”, da perseguire anche attraverso la comunicazione di “quale sia il comportamento più corretto per evitare situazioni problematiche”, ma che continua ad ammuffire in qualche cassetto della Provincia.
Continuare a far finta che nulla sia cambiato dopo l’introduzione degli orsi in Trentino è l’elemento cardine che mette a rischio la sicurezza dei cittadini, lasciare che si arrangino per conto proprio approcciando ai territori come se fossimo ancora negli anni ’90 - quando gli orsi erano oramai considerati estinti - è un comportamento irresponsabile da parte dell’amministrazione provinciale, il primo elemento a mettere repentaglio la vita dei cittadini ogni volta che escono dai centri abitati.
La montagna sta ormai diventando un immenso luna park, in cui ogni occasione è buona per attrarre nuovi turisti, ma anche per modificare l’approccio di chi in montagna ci vive da sempre. Come afferma lo stesso Senatore Luigi Spagnolli, ex dirigente dell’Ufficio Caccia e Pesca della provincia di Bolzano, che non può essere certo tacciato di vicinanza con il mondo animalista, “prima in montagna si andava col passo cadenzato dell’alpino, l’orso ti vedeva e si spostava. Adesso chi corre o va con le e-bike appare all’improvviso, l’orso si spaventa e reagisce”.
È quindi tutta una questione di prevenzione e riduzione del rischio, nella consapevolezza che il rischio zero non esiste in alcun ambito della vita umana.