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Trapianti di teste: non scienza, ma desiderio di onnipotenza

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Ultimo aggiornamento

giovedì 26 febbraio 2015

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Il chirurgo Sergio Canavero, direttore del Gruppo avanzato di neuromodulazione di Torino, annuncia il prossimo trapianto di testa su un corpo di un “donatore”, prevedendo che ciò avvenga entro due anni. Illustrerà il progetto durante la conferenza dell’American Academy of Neurological and Orthopaedic Surgeons in programma a giugno negli Usa, ma lo studio è talmente “assurdo” che molti chirurghi contattati dal “New Scientist” per un commento si sono rifiutati di dare un parere definendolo “troppo stravagante”.

Canavero porta a conferma delle sue ipotesi, quelli che definisce i “successi ottenuti su animali”, senza però soffermarsi sulla realtà di questi risultati. Gli esperimenti in tal senso effettuati sul modello in vivo sono iniziati oltre mezzo secolo fa. Con il primo trapianto di testa effettuato nel 1954, sulla parte posteriore del corpo di un cane venne trapiantata la testa di un cucciolo e le zampe anteriori. Dopo numerosi esperimenti, con molti cani, gli animali sopravvissero solo tra i due e i sei giorni. Altro grottesco tentativo vide protagonista nel 1970 negli Usa, una scimmia cui venne sostituita la testa. Visse solo nove terribili giorni, prima che la testa fosse rigettata, e senza potersi muovere: il midollo spinale, infatti, non era stato collegato.

Possiamo solo lontanamente immaginare il dolore provato da tutte queste “abortive chimere”, morti silenti divenute un banale numero nelle statistiche degli esperimenti. Ma anche studi meno “fantasiosi” mietono un numero impressionante di vittime animali. Basti pensare a tutti gli animali coinvolti in Italia in esperimenti sul trapianto di organi tra specie, per lo più scimmie e maiali, effettuate peraltro senza anestesia. Esperimenti autorizzati dal Ministero della Salute.

Con la giustificazione della “ricerca scientifica” può essere tutto permesso? Davvero sarebbe giusto effettuare trapianti di testa tra uomini che, anche nel caso sopravvivano, non possono avere alcuna ipotesi preventiva rispetto al tipo di vita che li attenderebbe subito dopo, né le ripercussioni fisiche e psicologiche li aspettano?

Forse la sete del ricercatore deve avere un limite, per non oltrepassare il delicato confine di ciò che è morale e quello che è solo delirio di onnipotenza.


Michela Kuan
Responsabile Settore Vivisezione