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Transizione alimentare in Italia: a che punto siamo?

Si registra un incremento degli acquisti di prodotti vegetali quasi del 3%, arrivando a un totale di 22 milioni di persone che abitualmente consumano alimenti plant-based: si tratta del 37% della popolazione nazionale.

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lunedì 21 agosto 2023

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Area food

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Perché le Istituzioni non riflettono le tendenze dei cittadini?

In Italia nel 2022 è stato registrato un incremento degli acquisti di prodotti vegetali quasi del 3%, arrivando a un totale di 22 milioni di persone che abitualmente consumano alimenti plant-based: si tratta del 37% della popolazione nazionale (Astra Ricerca e Unione Italiana Food).

La transizione alimentare in Italia, infatti, prosegue e l’analisi condotta da Astra Ricerca e Unione Italiana Food ha mostrato i dati relativi alle motivazioni per cui i consumatori acquistano alimenti vegetali, tra cui si riscontra che il 71% sceglie prodotti plant-based perché considerati “un aiuto per una corretta nutrizione” e una scelta fatta “per il pianeta”, mentre il 32% dei consumatori dichiara di essere mossi dall’intenzione di “ridurre il consumo di proteine animali”.
Dalla medesima ricerca, i consumatori di prodotti vegetali risultano anche perfettamente consci della composizione dei cibi che acquistano, il 75,5% dei consumatori dichiara infatti di conoscere esattamente gli ingredienti degli alimenti consumati.

Appare dunque chiaro che una sempre più ampia porzione di persone si stia dirigendo volontariamente nella direzione della transizione alimentare. Se però i cittadini italiani si dimostrano favorevoli a cambiare le proprie abitudini alimentari, a livello istituzionale il panorama non è altrettanto positivo.

A marzo del 2023 è infatti stato presentato un Ddl per vietare la produzione, il commercio e il possesso di alimenti da agricoltura cellulare, benché questi non siano ancora a disposizione in Europa. La manovra, di stampo ideologico e antiscientifico, è volta ad arginare proprio il cambiamento che sempre più italiani intendono abbracciare. Il Ddl, a luglio, ha ricevuto al Senato il primo sì necessario per essere approvato, votazione nella quale ogni emendamento volto a tutelare la ricerca in questo ambito o a restringere il campo d’applicazione del Ddl è stato bocciato. Nella medesima sede è invece stato presentato e recepito un emendamento riferito alla nomenclatura dei prodotti vegetali.

L’emendamento proposto dalla Lega, l’unico approvato dai Senatori, prevede che nella nomenclatura dei cibi plant-based non si possa più utilizzare nessun termine “meat sounding”. La motivazione addotta è quella della “tutela del diritto d’informazione dei consumatori”, sebbene dai dati riportati sopra sia lampante che i consumatori non sono tratti in inganno da etichette come “burger di soia” o “affettato vegetale” e la manovra sia unicamente un tentativo di ostacolare la diffusione dei prodotti a base vegetale, con innegabili conseguenze per i produttori di tali alimenti, che dovranno affrontare ingenti spese per creare nuovi nomi, packaging e materiali di comunicazione.

Questa è la paradossale spaccatura del nostro Paese, in cui le persone scelgono sempre più spesso comportamenti alimentari più etici e salutari – ricordiamo che le correlazioni tra consumo di carne e l’aumentato rischio di contrarre alcune patologie è stato più volte confermato sia da enti istituzionali come l’OMS, sia da istituti di ricerca indipendente come quello a cui LAV ha commissionato una ricerca in materiae i rappresentati del Governo si fanno portavoce di interessi che riflettono lo status quo e in primis quelli della lobby zootecnica.

Non è infatti un caso che il Ddl sopracitato specifichi che sono banditi solo prodotti derivanti da cellule di vertebrati, mentre resta teoricamente possibile produrre alimenti cell-based a partire da campioni di polpo o di crostacei. Seguendo le motivazioni portate a giustificazione del Ddl, viene da pensare, quindi, il settore ittico sia apparentemente meno caro ai Ministri.

Il veto dei prodotti colturali, tuttavia, non poterà a un’effettiva impossibilità di acquistare prodotti cellullari anche in Italia, dal momento che sarà l’EFSA (l’Ente Europeo per la Sicurezza Alimentare) a valutare, una volta ricevute le prime richieste, quando e come sarà possibile produrre e commercializzare alimenti cellulari e l’Italia non potrà vietarne il commercio, in virtù della normativa europea. La presa di posizione sfavorirà dunque lo sviluppo industriale del Paese, non essendo tuttavia in grado di arginare la transizione ed innovazione alimentare già in atto su scala globale. A riprova di questo, ricordiamo anche la volontà del 54% degli italiani a provare la carne coltivata, quando sarà disponibile (i dati qui).

Se però le istituzioni si schierano contro un modello alimentare che permetterebbe di liberare dagli allevamenti decine di milioni di animali e attuare delle politiche di mitigazione del cambiamento climatico efficaci – la zootecnia produce infatti tra il 16% e il 28% dei danni di origine antropica sul clima (FAO) – la ristorazione e la grande distribuzione approcciano la transizione alimentare con maggiore supporto. “Gli spazi espositivi vanno di pari passo con questa tendenza [aumento persone vegetariane e vegane] e sono in continua espansione. Un caso interessante è quello dei piatti pronti vegetali, presenti sia nei freschi a Libero Servizio, come la gastronomia vegana e vegetariana, sia nei surgelatidichiara Sara Caggiati, responsabile Prodotto a marchio Coop di Coop Italia. Analogamente anche Aldi Italia abbraccia la sempre maggiore propensione per i prodotti vegetali, dedicando maggiore spazio nei suoi negozi a prodotti completamente plant-based.

Analogamente, anche le ricerche per ristoranti vegan friendly sono aumentate, come testimoniato dall’analisi dei trend di ricerca di Google: Roma, con una crescita del +50% conquista, infatti, il podio (dicembre 2022 vs dicembre 2021), in seconda posizione Torino (+42%) seguita da Firenze (+40%).

Si vede, dunque, quanto stia crescendo l'interesse nei confronti di un'alimentazione vegana su Google Maps in Italia e, oltre a questo trend, anche la ricerca di "negozi di alimentari bio" e dei "mercati del contadino" è cresciuta rispetto al 2021 in Italia, rispettivamente del 117% e del 51% (Google).

Come stanno già facendo molte persone, è ora che le istituzioni supportino la transizione alimentare: LAV ha stilato il Menù del Cambiamento, riportando i passi necessari per trasformare un sistema alimentare fondato su sofferenza e sfruttamento, in un sistema che rispetti gli animali, la salute delle persone e permetta di combattere il cambiamento climatico.