Ogni anno 550.000 limuli sono impiegati nella sperimentazione: c'è una petizione che vuole fermare la strage.
Il limulo, chiamato anche “granchio a ferro di cavallo”, è un animale marino considerato una sorta di fossile vivente, dato che esiste da più di 300 milioni di anni (cioè da prima dei dinosauri).
Questa specie è stata classificata come “vulnerabile” dalla IUCN, l’Unione Mondiale per la Conservazione della Natura. La principale causa di vulnerabilità è la cattura per estrarne il sangue. I limuli vengono catturati e/o allevati, sottoposti ad una pratica invasiva e senza alcuna anestesia. Tramite una cannula inserita a livello cardiaco, viene ripetutamente estratto il sangue e, al termine dell’utilizzo, i limuli vengono uccisi, venduti per l’alimentazione o rigettati in mare, dove muoiono per salasso.
Il sangue viene usato per rilevare la presenza di sostanze tossiche prodotte da batteri (test LAL), nonostante da circa 25 anni esistano alternative incruente: il test rFC, ad esempio, consente di ottenere gli stessi risultati, ma con un composto sintetico, oppure il test MAT utilizza cellule umane per determinare la reazione immunitaria.
Denunciamo da anni questi abusi e ci opponiamo con forza a questa pratica inutile, supportando l’associazione partner della coalizione europea Doctor Against Animal Experiments che ha appena lanciato una petizione per fermare definitivamente questa strage.
Quest’anno, inoltre, l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale dell’Umbria e delle Marche, grazie ai fondi ottenuti tramite le nostre pressioni, sta portando avanti un progetto nel quale si utilizzeranno reagenti sintetici per testare vaccini, invece del test LAL, causa di estremo dolore e sofferenza per i limuli.
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