Rispondiamo a Ruminantia e apriamo a un vero confronto.
Ruminantia, un web-magazine sulla filiera produttiva del latte e della carne, di cui è facile vedere le sponsorizzazioni e farsi un'idea, ha scritto sul docufilm Food for Profit.
Proprio nell'ottica del libero confronto di idee, rispondiamo a questi articoli, pretestuosi e contraddittori.
Già dalle prime righe dell'articolo, a firma di Alessandro Fantini, emerge come le premesse non siano delle migliori. Chi scrive, infatti, prima esalta il “libero confronto di idee”, e subito dopo, però, ammette di essersi recato controvoglia e con poca curiosità alla proiezione del film. Ciò anticipa la dichiarazione di intenti nel non voler mettere in discussione nulla...alla faccia del contraddittorio.
Francamente, ci chiediamo con quale spirito di confronto Ruminantia possa essere andata alla proiezione del film, se parla di “populismo animalista”.
Viene subito criticato il costo del biglietto, visto che si tratta di un film che viene paragonato a un comizio. Un'affermazione quanto meno bizzarra: il fatto che un film possa anche portare un messaggio scandalizza? Un buon film dovrebbe far pensare. Quindi non capiamo dove sia lo scandalo, considerato inoltre che anche per la produzione di Food for Profit sono stati sostenuti ingenti costi.
Dopo aver criticato il titolo del film perché darebbe una “sensazione negativa”, si giudicano addirittura i colori delle immagini. Ruminantia, infatti, scrive “tutto il documentario ha usato colori, immagini e scene con il chiaro obiettivo di parlare alla “pancia” della gente e non alla loro mente”. Preme precisare che le immagini e le – numerose – scene più cruente raccolte non sono presenti nel documentario, proprio perché il filo conduttore era il ragionamento nel rispondere alla domanda circa la fine che fanno i soldi dei cittadini europei. Pensare che per due colori (onestamente non riusciamo a comprendere quali) e per poche scene, addirittura tagliate se troppo cruente, le persone non ragionino con la propria testa è offensivo per gli spettatori stessi.
Food for Profit parla alle persone, alla pancia e alla testa, perché fa luce su una realtà che non viene raccontata e non sarebbe mai stata mostrata. Il documentario permette di conoscere e di partecipare quindi attivamente a quella forma di governo del popolo e di governo in pubblico che è la democrazia.
Il populismo lo ravvediamo nell'articolo, concentrato sulla generalizzazione, volutamente fatta per dire tutto e niente, cosa che risulta evidente anche quando tale testata generalizza l'operato delle associazioni, scrivendo “come fanno tutte le associazioni animaliste” e quando contesta il fatto che “si dipingono gli allevatori come aggressivi e ignoranti”. Da questo passaggio sembrerebbe che Ruminantia pericolosamente difenda tutti gli allevatori, indipendentemente da ciò che fanno!
LAV non ritiene gli allevatori, in quanto tali, aggressivi e ignoranti, ma, così come sostiene gli allevatori interessati alla transizione e si confronta con loro nella protesta, denuncia chi non rispetta le norme della tutela degli animali, a discapito di coloro che, a tutti gli effetti, sono esseri senzienti. È il nostro dovere e una simile denuncia dovrebbe venire da tutti: da associazioni di categoria, da privati, da Ruminantia stessa!
A sorprendere è anche il fatto che Ruminantia insista nel sostenere pretestuosamente che il documentario vuole equiparare tutti gli allevatori a quelli delle grandi aziende riprese, aziende che, ricordiamo, non hanno ritenuto di intervenire in nessun modo su quanto segnalato rispetto a propri allevatori, al netto di alcune diffide ai registi del film.
Un silenzio a dir poco assordante.
La domanda che il film si pone è “che fine fanno i soldi dei cittadini europei” e di fronte alle nefandezze viste, dovrebbero sdegnarsi tutti i cittadini, anche quegli allevatori che, concretamente e tra difficoltà, stanno cercando di mettere in atto le modifiche necessarie verso una transizione a modelli diversi.
Alla luce della conoscenza di come vivono gli animali sfruttati dall'industria zootecnica, ormai davvero alla portata di tutti coloro che vogliono informarsi, chiediamo a Ruminantia con quale paradossale ragionamento paragoni il modello abitativo umano agli allevamenti intensivi, soprattutto considerando che nessun animale sceglie di vivere così. Azzardare un paragone simile: questo sì che è davvero populista!
E poi, l'articolo prosegue lanciandosi nell'assurda narrazione che vede il documentario raccontare una realtà di anni fa, ora inesistente. Da queste considerazioni mendaci, riscontriamo la volontà non solo di voler screditare un'inchiesta durata cinque anni, ma anche di tentare il tutto per tutto per rappresentare la realtà zootecnica come una realtà totalmente priva di crudeltà, sfruttamento, e “mele marce”.
Il racconto utopistico che fanno del comparto zootecnico sfida le regole della correttezza e della rettitudine, alla base di qualsiasi confronto costruttivo.
Food for Profit è un viaggio per l'Europa che svela, per la prima volta, il filo che lega l'industria zootecnica, le lobby e il potere politico del Parlamento europeo. E di questo Ruminantia sembra proprio non volere prendere atto.
Ogni giorno LAV si trova a gestire segnalazioni su tutto il territorio nazionale, molto spesso interpellata dalle autorità giudiziarie stesse, e a denunciare allevatori e altri operatori del settore per maltrattamento. Situazioni critiche che, forse, Alessandro Fantini finge di non conoscere.
Il documentario non cerca consensi, ma è una denuncia e al contempo un invito a mettere in dubbio ciò che molti, per mancanza di informazioni o approfondimento, hanno fino a oggi accettato come l'unica realtà possibile.
Rattrista notare come l'accesso alla conoscenza di una realtà che, di fatto, esiste, sia visto dagli scriventi in modo tanto negativo. Per screditare il documentario, si arriva persino a criticare la scelta di rendere edotti i cittadini e azzardare paragoni insensati.
Quanto emerge dall'inchiesta mostra ciò che si cela in tutto ciò che ruota intorno al comparto zootecnico e agli interessi che ne derivano. Nessuna mistificazione della realtà, solo un ritratto delle effettive relazioni tra industria zootecnica, lobby e parlamento europeo.
Ruminantia definisce il documentario “pieno di contraddizioni”: vorremmo sapere quali.
Ruminantia sostiene che apprezza il confronto, ma si contraddice spesso e dimostra anche di non conoscere così bene la realtà con la quale vorrebbe confrontarsi, ma che invece giudica solamente, pur di difendere l'indifendibile.
Nell'articolo si legge “il populismo animalista vegano che non propone alternative utili”: un espediente per generalizzare l'operato di moltissime associazioni e cittadini che è, in realtà, un consolidato studio per conoscere a fondo i problemi, affrontarli e non nasconderli.
Sono proprio quelle associazioni animaliste che si adoperano per favorire un pieno riconoscimento della vita degli animali considerati da reddito - per esempio nei rifugi dove gli animali trovano cura e protezione - e quelle stesse associazioni dialogano costantemente con la politica, con le amministrazioni locali, con il settore privato per ottenere miglioramenti delle condizioni di vita degli animali allevati.
Nel documentario ci sono molte vittime, a partire dagli animali e dalle persone sfruttate, oltre che i cittadini ingannati.
LAV da sempre si batte contro questa realtà ed è importante che, a reazione di un documentario come Food for Profit, ci sia un'azione convinta di cittadini che ricordino in ogni momento che la vita pubblica esige rigore e correttezza.
Ricordiamo a Ruminantia che c'è differenza tra il denigrare e il chiedere spiegazioni, ed è una differenza fondamentale per poter affrancarsi da quella deresponsabilizzazione politica che allontana i cittadini dall'esercizio del potere di controllo diffuso di cui sono titolari in democrazia.
Ruminantia non comprende, sorprendentemente, che il
documentario non è interessato alla faziosità, quanto piuttosto alla
ricostruzione dello spirito pubblico e di una politica
degna delle sue responsabilità con cittadini più consapevoli.
Siamo, come sempre, disponibili per un confronto e invitiamo chi ancora non lo ha fatto di andare a vedere Food for Profit e di farsi un'idea!