“Ritirate l’emendamento 26.1000 all’articolo 117 della Costituzione: così sull’ambiente si alimenta il conflitto tra Stato e Regioni, invece di superarlo, e si incide scorrettamente sul concetto unitario di tutela di cui all’art. 9 della Carta”. Sono 19 le Associazioni ambientaliste riconosciute che hanno scritto una lettera ai relatori della riforma costituzionale, autori della modifica al testo base del ministro Boschi sul Titolo V della Costituzione, il vicepresidente del Senato, Calderoli e la presidente della I Commissione del Senato, Finocchiaro e per conoscenza ai ministri per le Riforme Boschi e per l’Ambiente Galletti in cui chiedono di tornare al testo originario proposto nel disegno di legge governativo perché la nuova formulazione dell’art. 117 è fortemente peggiorativa e non condivisibile, sia dal punto di vista formale che sostanziale.
Le 19 associazioni ambientaliste (Accademia Kronos, Agri Ambiente, Amici della Terra, AIIG, CTS, ENPA, FAI, Federazione Pro Natura, Greenrecord, INU, Italia Nostra, LAC, LAV, Legambiente, Marevivo, Montain Wilderness, Touring Club, VAS, WWF Italia)) hanno chiesto un incontro ai relatori perché nella lettera rilevano che l’emendamento n. 26.1000, senza alcuna ragione ascrivibile a tecnica legislativa, modifica l’originaria e chiara dizione originaria del ddl costituzionale relativa all’art. 117, comma 2, lett. s) della Carta costituzionale, secondo cui lo Stato ha legislazione esclusiva in materia di “ambiente, ecosistema, beni culturali e paesaggistici; norme generali sulle attività culturali, sul turismo e sull’ordinamento sportivo”.
Questa dizione originaria è stata sostituita con la più confusa formulazione contenuta nell’emendamento Calderoli/Finocchiaro che, se approvata, affiderebbe allo Stato la competenza esclusiva oltre che in materia di “tutela dei beni culturali e paesaggistici”, anche su non chiare “disposizioni generali e comuni su ambiente e ecosistema”.
Le associazioni nella loro lettera contestano i contenuti dell’emendamento 26.1000, come si legge perché:
a) la natura non precisata delle “disposizioni generali e comuni” può solo alimentare oltremodo il conflitto, già elevato, tra lo Stato e le Regioni di fronte alla Corte costituzionale;
b) rischia di spezzare quell’unicum che deriva direttamente dall’art. 9 della Costituzione tra patrimonio culturale e ambiente, come più volte ribadito nella giurisprudenza costituzionale.