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La tutela degli animali nel nuovo articolo 9 della Costituzione

Su Federalismi.it una ricerca dell’Università di Milano-Bicocca,  commissionata da LAV, sul ‘principio animalista’ inserito  tra i valori fondamentali della Repubblica.

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Ultimo aggiornamento

mercoledì 04 ottobre 2023

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La Giornata mondiale degli animali è la data ideale per riportare l'attenzione sull'Articolo 9 della Costituzione italiana, che del  1° febbraio 2022 disciplina i modi e la forme dalla tutela degli animali.

Oggi, Federalismi.it, l'autorevola Rivista di diritto pubblico italiano, comunitario e comparato, pubblica un'importante ricerca dell’Università di Milano-Bicocca e commissionata  da LAV sul ‘principio animalista’ inserito un anno e mezzo fa tra i valori fondamentali della Repubblica.

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NOTA DI COMMENTO ALLA RICERCA

cura dell'Avv. Carla Campanaro, Responsabile dell'Ufficio Legale LAV.

RENDERE CONCRETA LA TUTELA PER ANIMALI E BIODIVERSITA’ ALLA LUCE DELLA RIFORMA DELL’ARTICOLO 9 DELLA COSTITUZIONE. 

Con la Legge costituzionale n. 1 dell’11 febbraio 2022 è stato attribuito alla Repubblica il compito di tutelare l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi (anche nell’interesse delle future generazioni), ed è stato inoltre previsto che la Legge dello Stato disciplini i modi e le forme di tutela degli animali.  

Per la prima volta, quindi, la tutela della biodiversità e degli animali viene menzionata nel testo costituzionale, peraltro nell’ambito della parte dedicata ai ‘principi fondamentali’.  

In questi quasi due anni dalla riforma si è quindi avviato un dibattito dottrinario sulla sua portata applicativa, in cui la ricerca commissionata dalla LAV all’Università di Milano-Bicocca e pubblicata oggi sulla rivista giuridica federalismi.it a firma delle Prof. Avv. Diana Cerini - Prof. Avv. Elisabetta Lamarque è un cruciale punto di svolta, cui si rimanda integralmente per le sue acute e pregnanti deduzioni in merito. 

A tal proposito ci si riporta espressamente ai contenuti dell’abstract della ricerca in base a cui: 

"Il terzo comma, ultimo periodo, dell’art. 9 Cost., introdotto dalla legge costituzionale n. 1 del 2022, là dove dispone che «La legge dello Stato disciplina i modi e le forme di tutela degli animali», non contiene una norma sulla distribuzione del potere normativo né tra fonti primarie e secondarie, né tra legge statale e legge regionale.  

Si tratta, invece, di una disposizione che indica al legislatore statale la direzione da percorrere, senza con questo escludere che i legislatori regionali o gli organi della pubblica amministrazione seguano la medesima direzione. 

In questo senso, si può dire che la nuova disposizione costituzionale non contiene altro che un pressante invito – il verbo all’indicativo è come sempre da intendere in senso prescrittivo – specificamente rivolto al legislatore statale a dare concreta attuazione a un nuovo principio fondamentale – il principio animalista – oggi contenuto nel testo della Costituzione, e quindi dotato della forza del diritto positivo di rango più elevato.’’ 

Queste conclusioni, si legge nella stessa ricerca, sono del resto condivise già dal Consiglio di Stato che in due recenti e importanti pronunce relative al destino dell’orsa JJ4 catturata in Trentino nell’aprile 2023 e salvata dalla sua uccisione, ha ritenuto: a) che la vita degli animali deve avere una tutela rafforzata; e b) che in tal senso va il nuovo articolo 9 della Costituzione che contiene un principio supremo inviolabile della nostra Carta costituzionale.  

Più precisamente, il Consiglio di Stato nel luglio 2023 ha affermato che «essendo stato collocato tra i principi fondamentale della Repubblica, secondo l’insegnamento della sentenza 15 dicembre 1988 n. 1146 resa dalla Corte costituzionale, la tutela degli animali appartiene ai cosiddetti “principi supremi che non possono essere sovvertiti o modificati nel loro contenuto essenziale neppure da leggi di revisione costituzionale o da altre leggi costituzionali. Tali sono tanto i principi che la stessa Costituzione esplicitamente prevede come limiti assoluti al potere di revisione costituzionale, quale la forma repubblicana (art. 139 Cost.), quanto i principi che, pur non essendo espressamente menzionati fra quelli non assoggettabili al procedimento di revisione costituzionale, appartengono all’essenza dei valori supremi sui quali si fonda la Costituzione italiana”. Tanto la norma primaria, tanto quella secondaria, se non interpretate sulla scorta di tali canoni ermeneuticisarebbero inevitabilmente illegittime» (Cons. Stato, ord. 14 luglio 2023, n. 5584, pp. 9-10; identicamente Cons. Stato, ord. 14 luglio 2023, n. 5585, p. 10.) 

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La riforma dell’articolo 9 prevede una autonoma forma di riconoscimento costituzionale per l’animale il cui diritto alla vita ed alla salute è così portato all’attenzione del legislatore costituzionale che in tale contesto riconosce in primis che lo Stato d’ora in poi disciplina i modi e le forme di tutela degli animali, fornendo così un obbligo costituzionale in tal senso considerato che dal tenore letterale non si discute l’an, quanto piuttosto le modalità di tutela.  

Inoltre, tale previsione comporta indirettamente la rilevanza delle leggi che ne stabiliscono forme e modi di tutela, come ad esempio la normativa sulla tutela penale degli animali, legge 189 del 2004, e come l’articolo 13 del Trattato di Lisbona con cui si è riconosciuta la qualità e lo status di essere senziente degli animali.

La normativa sovrannazionale, il Trattato europeo ma anche le altre normative UE (Direttive nonché Regolamenti in materia di benessere e tutela degli animali, trasporti, allevamento, sperimentazione animale etc. etc.) rappresentano un preciso quadro normativo che l’Italia è tenuta a rispettare ed applicare per il tramite di proprie leggi nazionali e di cui l’introduzione nel testo della Costituzione della tutela degli animali rappresenta quindi un elemento di allineamento agli impegni sovrannazionali. Ma quale è il valore, la portata applicativa della riforma, cosa cambia in pratica per la protezione degli animali in Italia? 

È evidente che tale articolo è destinato a vivere nei Tribunali di tutta Italia, così come nelle Aule del Parlamento, dei Consigli regionali e comunali e nell’operato della pubblica amministrazione, alla costante ricerca di un effettivo principio di tutela anche alla luce di un accurato bilanciamento tra interessi contrapposti, in cui però quelli degli animali dovranno essere considerati di rilevanza costituzionale quanto altri. 

Si legge a tal proposito nelle conclusioni della ricerca che ‘‘è possibile affermare che il testo della Costituzione repubblicana contiene oggi un principio fondamentale della convivenza civile completamente nuovo, che in via di sintesi semplificatoria si potrebbe chiamare principio animalista.  Ciò che – in ogni caso - si può dire con certezza è che d’ora in poi sarà necessario tenere conto della presenza di tale nuovo principio nell’esercizio delle funzioni normative e giurisdizionali, perché esso ormai inevitabilmente grava con il suo peso su uno dei piatti della bilancia, e di conseguenza impone di rivedere tutti i bilanciamenti tra diritti fondamentali ed esigenze di pari rango costituzionale finora raggiunti. Ed infatti chi scrive è del tutto convinto, per le motivazioni tecnico-giuridiche sin qui espresse – che il nuovo principio, in primo luogo, valga come indirizzo ma anche come limite per l’attività del futuro legislatore, sia esso nazionale sia esso di altro rango.’’ Il principio animalista citato di derivazione costituzionale non si limita a rappresentare un invito mero ad agire in tale direzione ma ‘‘impedisce anche di introdurre norme che abbiano l’effetto di escludere o limitare una tutela già prevista.’’  

Il principio animalista si impone così all’interprete, e in particolare al legislatore, al giudice ma anche alla pubblica amministrazione che dovrà operare alla luce del principio di leale collaborazione e che, nell’interpretazione e nell’applicazione della legislazione vigente, saranno tenuti a conciliarla, in via di interpretazione sistematica e conforme a Costituzione, con l’esigenza di tutela degli animali dettata dal nuovo principio fondamentale.  

In relazione alla leale collaborazione tra le parti nell’ambito dell’operato della pubblica amministrazione che si trova a gestire questioni riguardanti la protezione degli animali, si segnala un’ importante e assai recente pronuncia del Consiglio di Stato in merito, che nel rigettare la sospensione di un ordine di uccisione di maiali disposta dall’ATS veterinaria di Pavia, invocava al contempo il principio di leale collaborazione e di cautela nell'esercizio dell'azione amministrativa – purtroppo in questo caso non recepito dalla pubblica amministrazione stabilendo espressamente che ‘’il valore primario dei beni giuridici che rischiano di essere sacrificati potrebbe trovare tutela, oltre che nell'eventuale risarcimento del danno, anche nel principio di leale collaborazione e di cautela nell'esercizio dell'azione amministrativa’’ (Decreto del Presidente della Terza Sezione del Consiglio di Stato n.3736/2023) 

Per quanto riguarda la protezione della biodiversità in ambito nazionale, la riforma appare altrettanto rilevante se si considera che l’Italia ad oggi, nonostante il quadro normativo internazionale ed europeo che richiede un enorme impegno sul tema protezione biodiversità (Direttive Uccelli e Habitat, la Strategia europea sulla Biodiversità e la Direttiva sulla tutela penale dell’ambiente), ancora non dispone di un proprio provvedimento normativo specifico, una vera e propria legge quadro con relative sanzioni a tutela della biodiversità e dunque della fauna selvatica, quale "bene ambientale" in sè e per sè. La sua tutela è infatti affidata principalmente ad una strategia nazionale, con una serie di principi, obiettivi ed attività, ma priva evidentemente di apparato sanzionatorio che abbia un reale effetto deterrente con le relative conseguenze in termini di effettività della tutela.  

In ambito nazionale, oltre la Strategia sulla biodiversità vi sono le norme di recepimento delle due storiche Direttive europee Habitat ed Uccelli che dettano alcune misure regolatorie in materia di protezione della fauna selvatica. In realtà la normativa che recepisce la Direttiva Uccelli, la Legge 157 del 1992, è di fatto la norma che disciplina l’attività venatoria, tanto che è comunemente definita la ‘Legge sulla caccia’, ed infatti dopo alcuni principi di tutela posti nei primi articoli, l’intero articolato si limita a disciplinare l’attività venatoria prevendo poi alcune sanzioni penali assai blande (contravvenzioni oblazionabili) in caso di violazioni. In ultimo, tali apparati normativi delegano in gran parte alle Regioni il compito di proteggere la biodiversità sul proprio territorio e tale ripartizione di competenza, in assenza di una previsione di rango costituzionale, ha posto sino ad ora problemi nell’ambito della effettività della tutela.  

Per questo motivo l’inserimento della protezione della biodiversità assieme all’ambiente ed agli ecosistemi nella Costituzione è un passaggio cruciale che finalmente garantisce un autonomo valore costituzionale a questo bene che non potrà più essere considerato soltanto in relazione strumentale alla caccia o più in generale all’agricoltura e che richiede doverosamente di avviare un nuovo ed efficace percorso legislativo di tutela, anche con una specifica legge nazionale, così come già richiesto da tempo dalla disciplina europea. Tutt'altro purtroppo di ciò che Governo e Parlamento hanno ultimamente fatto con le modifiche alla legge n.157 del 1992 e che hanno già preannunciato di voler continuare a fare nel corso di questa Legislatura.




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