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Svizzera al voto per l’abolizione degli allevamenti intensivi

I cittadini svizzeri sono chiamati a votare al referendum per l’abolizione dell’allevamento intensivo. La proposta definisce la pratica intensiva e ne chiarisce l’inapplicabilità proprio in virtù di una lesione sistematica del benessere degli animali coinvolti.

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Ultimo aggiornamento

venerdì 23 settembre 2022

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L’abolizione dell’allevamento intensivo passo necessario per un mondo senza sfruttamento degli animali nella filiera zootecnica

Non saremo solo noi italiani ad andare al voto il prossimo 25 settembre: anche i cittadini svizzeri sono chiamati a votare al referendum per l’abolizione dell’allevamento intensivo.

La proposta di iniziativa popolare prevede, tra gli altri, il seguente comma “L’allevamento intensivo consiste nell’allevamento industriale finalizzato alla produzione più efficiente possibile di prodotti animali, nell’ambito del quale il benessere degli animali è leso sistematicamente.” che definisce la pratica intensiva e ne chiarisce l’inapplicabilità proprio in virtù di una lesione sistematica del benessere degli animali coinvolti.

Se questa misura dovesse passare, il settore zootecnico svizzero dovrebbe andare incontro ad una completa riorganizzazione, e anche le importazioni di prodotti derivanti da animali subirebbero un ulteriore controllo in linea con i nuovi requisiti. La Svizzera è un Paese già noto per la sua normativa molto stringente sul benessere degli animali allevati, e ancora una volta mostra un lato progressista che apre la strada verso nuovi obiettivi.

E non è forse proprio lo stesso principio che viene sancito anche nella direttiva europea 98/58 sulla protezione degli animali allevati, recepita in Italia con decreto legislativo 146/2001, quando esplicitamente recita “Nessun animale deve essere custodito in un allevamento se non sia ragionevole attendersi, in base al suo genotipo o fenotipo, che ciò possa avvenire senza effetti negativi sulla sua salute o sul suo benessere?”

Ben vengano leggi più stringenti sulla protezione degli animali allevati, necessarie per coprire tutte quelle aree grigie che si prestano ad interpretazioni dell’industria a scapito degli animali. Ben venga quindi la revisione della normativa europea che è attualmente in corso e che porterà, auspichiamo, ad un miglioramento delle regole in favore di una maggiore tutela agli animali allevati. Ma l’allevamento intensivo, pur con tutte i miglioramenti possibili e necessari, rimane una forzatura sistematica della natura degli animali, della loro vita, lesiva della loro salute e del loro benessere psico-fisico.

Solo con l’abolizione delle pratiche industriali di allevamento, che consentono di ammassare centinaia di migliaia di animali all’interno di capannoni, al chiuso, con luce e ventilazione artificiale, in condizioni di stress, sovraffollamento, malessere e impossibilità di esprimere i comportamenti naturali vitali per la specie si potrà garantire maggiore tutela ai miliardi di animali allevati per scopi alimentari, di cui oltre 600 milioni solo in Italia, miliardi se consideriamo gli animali acquatici. Una vita migliore non è compatibile con le fabbriche di animali che costellano il nostro territorio.

L’abolizione dell’allevamento intensivo l’unico passo coerente e il primo necessario verso un mondo senza sfruttamento degli animali nella filiera zootecnica. È condizione imprescindibile per fare fronte al danno ecologico, cambiamento climatico in testa, che il settore agricolo sbilanciato fortemente verso produzione di mangimi e zootecnia sta facendo al nostro Pianeta.

E in Italia cosa succederà con il nuovo Parlamento e il nuovo Governo? Approfondisci qui le risposte positive e negative dei partiti anche sulle dieci proposte che riguardano gli animali negli allevamenti, che LAV ha avanzato con altre dodici associazioni con l’iniziativa #ancheglianimalivotano.