Dal lontano 1981 in Italia non è più possibile uccidere i cani e i gatti randagi, eppure, nel novembre 2018 nell’incredibile silenzio dei consiglieri, la Regione Basilicata ha emanato una legge che, in spregio alla normativa nazionale e alla crescente sensibilità dei cittadini nei confronti degli animali, conferisce alle Aziende sanitarie locali di procedere alla soppressione, con metodi eutanasici, di cani e gatti raccolti, in carenza della denuncia di smarrimento o sottrazione degli animali al Servizio veterinario ufficiale e alle Forze dell'Ordine, entro il termine di cinque giorni dallo smarrimento o sottrazione.
La norma è stata impugnata dal Governo in quanto ritenuta, giustamente, in contrasto con i principi fondamentali in materia di tutela della salute, in violazione dell’art. 117 della Costituzione.
Infatti, il legislatore statale, nell'ambito delle sue prerogative, con la legge 281/91 ha stabilito una serie di garanzie per la tutela e la salvaguardia dei cani e degli altri animali di affezione, prevedendo che i gatti liberi e i cani vaganti ritrovati, catturati o comunque provenienti canili non possono essere soppressi a meno che non siano gravemente malati, incurabili o di comprovata pericolosità.
Le Regioni non possono deliberare norme che violino le disposizioni di una legge quadro nazionale, questo è l’aspetto normativo alla base dell’impugnazione del Governo. Vi è poi quello etico che la Regione Basilicata ha gravemente calpestato: far pagare con la vita la crudeltà dell’abbandono è inaccettabile e ingiustificabile.
Con la speranza di un celere pronunciamento della Corte Costituzionale che siamo certi ripristinerà la legalità, invitiamo i prossimi Presidente e Consiglio regionale che saranno eletti nei prossimi mesi a emanare invece politiche a tutala dei randagi e per un efficace contrasto del randagismo.
Ilaria Innocenti
Responsabile LAV Animali Familiari