Dopo anni di battaglie e di proteste per l’utilizzo degli animali in TV, avremmo desiderato di non doverci occupare di Portobello, avremmo desiderato che la RAI – come gran parte dell’opinione pubblica italiana – avesse imparato la lezione, e invece…
“Di alternative ce n'erano mille. Antonella Clerici e Rai Uno hanno ri-affittato un animale in cattività, si chiama così non a caso, esponendolo alla berlina. Incentivando il mercato dell'esotico in casa. Portobello così batterà mai record di ascolti. Ma quello di figuracce sì” con questo tweet il Presidente LAV Gianluca Felicetti commenta il triste spettacolo andato in onda sabato sera nel modesto varietà che ripropone il “corpo” ma non l’”anima” della storica trasmissione di Enzo Tortora, parafrasando le parole di Grasso sul Corriere di oggi.
Dopo anni di passi avanti contro la sofferenza degli animali, riportare in TV, tra rumori, luci, pappagalli incatenati, acquari o altri animali in cattività significa non aver compreso che la società si è evoluta: ciò che già 30 anni fa sarebbe stato imperdonabile, oggi lo è ancora di più, con l’aggravante di una sensibilità verso gli altri esseri senzienti che il servizio pubblico dovrebbe avere maturato, e che in Portobello della Clerici risulta “non pervenuta”.
A parziale consolazione, non mancano le voci fuori dal coro, come quella di Riccardo Laganà, Consigliere di Amministrazione RAI che twitta “Noi nel 2018, nel nome degli ascolti dobbiamo ancora tenere incatenato un essere senziente? Passa un messaggio negativo. Al solito l'animale viene trattato come fenomeno da baraccone vittima di una colpevole carenza di idee innovative”.
Invitiamo il Direttore di Rai Uno, Angelo Teodoli a rispondere alla richiesta proveniente dal consigliere e dai tanti cittadini che in queste ore hanno criticato la scelta degli autori di Portobello, prendendo posizione sulla vicenda e, più in generale, sull’utilizzo degli animali in TV, in modo che sia restituita al servizio pubblico la dignità che merita e la sua funzione di promozione culturale, nel rispetto dello spirito del tempo, che è oggi distante anni luce dal triste spettacolo di un uccello incatenato al trespolo.