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La Peste Suina Africana continua a correre: più di 50 mila maiali uccisi in modo cruento

Il virus continua a infettare nuovi allevamenti dove sono confinati migliaia di maiali, vittime della crudeltà e dell'insensatezza della produzione zootecnica.

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Ultimo aggiornamento

martedì 03 settembre 2024

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Ma chi porta l'infezione negli allevamenti?

Sono 45 i focolai che si sono sviluppati negli allevamenti di maiali a partire dal 1° gennaio 2022, data di inizio di questa ondata di epidemia di PSA che si protrae da oltre due anni, con un’impennata in questo ultimo mese. Solo in Lombardia, 18 nuovi casi.

Negli ultimi giorni il virus sta continuando a correre infettando nuovi allevamenti dove sono confinati migliaia di maiali, vittime due volte della crudeltà e insensatezza del sistema di produzione zootecnica: sono quasi 10 milioni i maiali fatti nascere ed allevati unicamente per finire uccisi in modo violento in un macello italiano, ogni anno; e sono decine di migliaia i maiali uccisi, anche se sani, perché potenzialmente esposti al virus della PSA che sta circolando velocissimo in queste ultime settimane tra gli allevamenti del nord Italia, in particolare della Lombardia.

Proprio sulle uccisioni in caso di presenza di focolai l’On. Evi ha presentato un’interrogazione parlamentare in agosto per chiedere al Ministro della salute Schillaci e al Ministro dell’agricoltura Lollobrigida di riferire in merito alle modalità utilizzate per questi “abbattimenti” e riprese, nel caso di un allevamento colpito in provincia di Novara, con un drone dal team investigativo di Food for Profit.  Nelle operazioni di uccisione, scrive Evi, “sono emersi abusi e irregolarità durante gli abbattimenti, in particolare relativamente a misure di biosicurezza e maltrattamenti nei confronti degli animali” e chiede chiarimenti su questo e che misure sono intenzionati a prendere i ministri. E ancora aspettiamo le risposte.

TRATTATI COME PRODOTTI, SENZA NESSUN RISPETTO

Dalle immagini raccolte durante le uccisioni in uno dei primi allevamenti contagiati in questa ondata, si vede chiaramente che gli animali sono uccisi con elettrocuzione, ovvero scosse elettriche alle tempie, modalità che causa sofferenze estreme, a maggior ragione su numeri così alti di animali che devono essere uccisi in tempi brevi. Trattati senza nessun rispetto, sono sottoposti ad una morte violenta solo in nome di un settore marcio, che vive di soldi pubblici, e di brutalità.

Il metodo preferito e designato, per l’uccisione dei maiali, è però la camera a gas. Forse anche questo dovrebbe aiutare chiunque a capire che non c’è nulla di naturale e bucolico nell’allevamento di animali a fini alimentari, non ci sono prati verdi di pascolo, pozze di fango, né nient’altro che renderebbe la vita dei maiali giusta, adeguata. E in ogni caso, alla fine c’è sempre la morte violenta, dopo il trasporto al macello su camion straripanti di animali terrorizzati, caricati con la forza, esposti a temperature estreme, stress, paura.

Nel regolamento europeo in vigore sulla protezione degli animali durante l’abbattimento, si legge: “durante l’abbattimento e le operazioni correlate sono risparmiati agli animali dolori, ansia o sofferenze evitabili.”  

E ancora: “Ai fini del paragrafo 1, gli operatori prendono in partico lare i provvedimenti necessari per garantire che gli animali: a) ricevano conforto fisico e protezione, in particolare tenendoli puliti e in condizioni termiche adeguate ed evitando loro cadute o scivolamenti; b) siano protetti da ferite; c) siano maneggiati e custoditi tenendo conto del loro comportamento normale; d) non mostrino segni di dolore o paura evitabili o comporta menti anomali.”

Questa norma è sistematicamente violata, e ancor più platealmente nelle uccisioni per emergenze sanitarie, come la PSA, dove il carattere di urgenza sembra far decadere tutte le minime tutele previste dalla legge.

UNA NARRAZIONE MIOPE E STRUMENTALE

Lo abbiamo ribadito tante volte, la peste suina africana è una malattia quasi sempre letale per i suini, ma il settore, le associazioni di categoria come Coldiretti, e lo stesso Governo, non la considerano allarmante per questo, ovvero per le sofferenze che causa agli animali, o per lo spreco enorme di vite uccise anche in via preventiva a causa della diffusione del virus, ma perché alla malattia è associata una perdita economica.

Nell’ultima ordinanza del commissario straordinario alla PSA, Filippini, viene esplicitato che i ristori non verranno dati a quegli allevatori i cui maiali saranno “abbattuti” a causa della PSA se ciò sarò dipeso da assenza di biosicurezza adeguata. E quanti fondi sono invece stati dati a chi ha sempre operato nella totale noncuranza delle regole?

Questa è l’ennesima riprova del fatto che il virus negli allevamenti non viene portato dai cinghiali, che aprono le porte di nascosto durante la notte, ma dagli stessi operatori del settore, che considerano così tanto i loro animali da non fare neanche lo sforzo di utilizzare dei presidi di protezione, come i calzari e i disinfettanti, prima di entrare nei capannoni. Secondo la logica che tanto poi arrivano i ristori.

MA CHI PORTA L’INFEZIONE NEGLI ALLEVAMENTI?

Questo riporta al caso zero dell’anno scorso, in provincia di Pavia, dove i maiali ammalati erano stati mandati in giro in macelli anche in altre provincie e non erano stati segnalati i sintomi al servizio veterinario pubblico. O ancora all’allevamento zero dell’ondata di quest’estate 2024,  a Vernate, da dove secondo la ricostruzione della Direzione generale Welfare di regione Lombardia si sarebbe riattivato il contagio. È stata infatti ritrovata una fossa illegale con corpi di maiali morti e positivi al virus, e come se non bastasse il titolare dell’azienda ha lavorato anche in altri allevamenti.

Del resto, il virus si è spostato in modo poco lineare, facendo capire che i vettori sono proprio gli operatori, e che tramite quelli il contagio si espande. Lo stesso Assessore all’Agricoltura di Regione Lombardia, Beduschi, riferisce alla stampa che “al 99% chi porta in questi allevamenti l’infezione è l’uomo, dopo aver violato aspetti igienico sanitari ormai imposti”.

Un castello di carte che si sta sgretolando, portandosi dietro l’intero settore, ma con enormi sofferenze migliaia di animali che, per ora, sono gli unici a pagare il prezzo con la loro sofferenza e la loro stessa vita.

Del totale di 45 focolai in allevamento in Italia, 22 sono stati nella provincia di Pavia. Nello stesso territorio, sotto il controllo veterinario della stessa ASL, dove il 20 settembre di un anno fa i maiali del rifugio Cuori Liberi  sono stati uccisi in risposta alla diffusione della malattia, nonostante fossero maiali non destinati alla produzione alimentare, accuditi in un rifugio permanente, e a tutti gli effetti animali da affezione come tutti coloro, pochi, che hanno la fortuna di salvarsi e trovare una nuova vita.

 

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venerdì 09 agosto 2024

Nuove uccisioni indiscriminate per l’ultimo focolaio di peste suina africana a Tromello

33.980, questo è il numero di suini uccisi nella nuova ondata di focolai di peste suina africana. L’ultimo focolaio è nel maxi allevamento di 20mila maiali a Tromello (Pavia).

20 mila animali che verranno uccisi in nome di misure di eradicazione che, finora, non hanno in alcun modo contrastato il diffondersi del virus tra suidi, tanto è che dopo appena un anno e mezzo di attività, Vincenzo Caputo, il Commissario Straordinario alla Peste Suina Africana, si è dimesso.

Dopotutto, anche gli esperti della Commissione Europea in visita in Italia - Veterinary Emergency Team - hanno scritto di una situazione preoccupante, dove si afferma chiaramente che la caccia ai cinghiali non è una soluzione quando il virus è già diffuso.

Gli esperti hanno dichiarato che “la strategia di controllo della malattia nel Nord Italia va migliorata” dato che “ogni Regione/Provincia mette in atto le proprie misure con un coordinamento minimo con i vicini”. E nel report sottolineano “il supporto finanziario insufficiente” e i ritardi nella costruzione delle recinzioni, rispetto alle quali “l’epidemia sembra avanzare più velocemente”.

Come in tutti gli altri casi, anche per quanto riguarda il focolaio di Tromello, erroneamente diverse testate giornalistiche parlano di epidemia, ma preme ribadire che tale termine si riferisce al contagio umano. La Peste suina, invece, è un virus che si trasmette tra suidi e non all’uomo, non essendo dunque neanche una zoonosi.

Essendo il virus innocuo per l’uomo, le estreme misure previste sono motivate non tanto da ragioni sociosanitarie, quanto, piuttosto, da interessi economici strettamente collegati al comparto zootecnico, già insostenibile di per sé.

Governo e Coldiretti, nel trattare un’emergenza produttiva alla stregua di una emergenza sanitaria, per tutelare il comparto suinicolo, non fanno che evidenziare costantemente il fallimento del modello attuale di produzione di cibo, che sfrutta animali e li oggettifica fino a, come nelle misure di eradicazione, disporre con estrema facilità di uccisioni anche in via preventiva.

Vengono uccisi i suini sani, in via preventiva, e né i sani, né i malati ricevono cure. Ma da un punto di vista scientifico è fondamentale proseguire nella conoscenza della malattia e delle possibili cure. È bene ricordare che in altri Paesi la ricerca in tal senso sta andando avanti con risultati degni di nota: Il 24 luglio 2023 il Vietnam ha approvato il commercio domestico di due vaccini contro la peste suina africana (PSA). Oltre 650.000 dosi di vaccini sono state testate in 40 province, con un tasso di efficienza del 95 %. I due vaccini, NAVET-ASFVAC e AVAC ASF LIVE, sono stati sviluppati da due centri di ricerca del Vietnam con l'ausilio di scienziati statunitensi, il cui governo si è dimostrato interessato all'acquisto dei vaccini in via precauzionale.

Tra le misure straordinarie indicate dal Ministero della Salute, in vigore fino al 19 agosto per le province interessate da focolai, vi è anche il divieto di movimentazione di suini vivi, per qualunque motivo tranne uno: è consentita la movimentazione di suini verso il macello.

Questo a riprova del fatto che l’unica cosa che sembra contare è la produzione e a conferma quindi della perpetrata incoscienza dei protagonisti di un sistema alimentare che, pur stando collassando su sé stesso, devastando al contempo animali, ambiente e persone, continua ad essere orientato sulla mera logica del profitto per pochi, a discapito di molti.


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mercoledì 31 luglio 2024

Peste Suina Africana: gestita in base a un modello fallimentare di produzione

Si legge così da fonti stampa che riportano la notizia di un nuovo focolaio di PSA in un allevamento di maiali di Trecate in provincia di Novara. Ora le provincie dove sono coinvolti maiali allevati sono, oltre Novara, anche Milano e Pavia.

Una domanda ricorre costante negli articoli e nelle interviste di esperti è “Come e perché entra il virus negli allevamenti?”.

La realtà dei fatti parla di un'emergenza in peggioramento, nonostante l'abbattimento di circa 300 mila cinghiali ogni anno negli ultimi sette anni (Rapporto ISPRA 2023), per cui il Governo ha addirittura scomodato l'esercito, la situazione non sta migliorando. Dal 1° gennaio 2022, di tutti i cinghiali abbattuti, solo 2423 sono risultati positivi.

Quando il virus entra in un allevamento tutti gli animali vengono uccisi e si arriva velocemente a decine di migliaia, come nel 2023 in provincia di Pavia, con l'uccisione di oltre 40mila maiali, anche sani, ma considerati potenzialmente a rischio contatto e contagio.

E' notizia di questi giorni quella di nuovi focolai in provincia di Novara, Milano e Pavia, dove decine di migliaia di maiali verranno uccisi per l' "eradicazione" della malattia.

A oggi i focolai in allevamento sono 26 e gli esperti della Commissione Europea in visita in Italia (Veterinary Emergency Team) hanno scritto nel loro report di una situazione preoccupante, dove si afferma chiaramente che la caccia non è una soluzione quando il virus è già diffuso.

NON EMERGENZA SANITARIA MA EMERGENZA PRODUTTIVA

La Peste Suina Africana è una malattia letale nella quasi totalità dei casi, non esiste un vaccino: da un punto di vista scientifico è fondamentale proseguire nella conoscenza della malattia e delle possibili cure.

Ma quello che già sappiamo è che questa malattia è l'ennesima prova del fallimento del modello di produzione di cibo basato sul confinamento di massa di milioni di animali, migliaia all'interno di singoli capannoni, esposti a condizioni di densità estreme e stress psicofisico, vittime e vettori di agenti patogeni anche letali.

La preoccupazione massima del Governo e di Coldiretti è quella di salvare il nostro comparto suinicolo, che tiene gli animali nelle condizioni descritte sopra e manda al macello quasi 10 milioni di maiali ogni anno, costringendoli a una vita di miseria e un'uccisione violenta a pochi mesi di vita.

Ammazziamoli per salvarli, poverini. Questa sembra la retorica. E viene venduta in modo così strumentale da riuscire quasi a convincere qualcuno.

Saremmo d'accordo nel parlare di emergenza sanitaria (non zoonotica perché la PSA non colpisce l'uomo), se gli animali colpiti potessero essere curati, o quanto meno trattati con palliativi e accompagnati, se le condizioni non sono tali da consentirne la guarigione.

Ma qui non stiamo parlando di questo: l'emergenza PSA che preoccupa tutti è un'emergenza produttiva, economica, dove gli animali figurano come meri “capi”, “unità di bestiame” e altre diciture simili. E vengono prontamente “abbattuti” (uccisi) come unica risposta all'emergenza, con brutalità.

Non si assiste a nessun cambiamento strutturale del sistema, a nessuna presa di coscienza sulla necessità impellente di cambiamento produttivo.

Continuiamo a dirlo: il sistema attuale di produzione di cibo, che fonda le radici nella sofferenza e nello sfruttamento sistematico degli animali, di milioni di animali, non è sostenibile, nemmeno dal punto di vista economico.

Lo status quo è fallito.

Devono essere individuate alternative, vanno previsti fondi per la transizione a produzioni e consumi diversi. Sono già possibili qui, ora, con i dovuti sostegni, anche e soprattutto pubblici (quindi i soldi di tutti), che invece ancora danno benzina ad un modello deleterio per gli animali.

E non solo per gli animali, ma anche per chi lavora in questo settore, schiacciato da prezzi sempre più bassi, che devono essere contenuti a scapito di tutto pur di rimanere sul mercato. E anche a partire dai fondi per tentare di arginare la PSA o per uccidere I cinghiali, che magari, con una lungimiranza differente, potevano essere destinati ad azioni di riconversione delle attività in produzioni agricole diverse.


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