Sentenza storica che squarcia il velo della tradizione.
Come sappiamo, il 15 febbraio scorso si è conclusa con la conferma della condanna in Cassazione la lunga battaglia processuale che ha visto sul banco degli imputati un noto fantino del Palio di Siena, definitivamente riconosciuto colpevole del reato di maltrattamento di animali per aver somministrato ad alcuni cavalli, destinati a gareggiare, vari farmaci.
Tutto ciò era avvenuto in assenza di documentazione medico-veterinaria che attestasse la presenza di una qualche patologia e indicasse tempi e dosaggi per la somministrazione e al solo scopo di aumentare le loro prestazioni atletiche affinché, non percependo la fatica, continuassero a correre fino al raggiungimento del traguardo.
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Il processo traeva origine dall'ampia inchiesta aperta dalla Procura di Siena nel 2013 su una serie di attività illecite denunciate nei confronti dei cavalli presentati e fatti correre nelle fasi preliminari di addestramento per la partecipazione all'edizione 2016 del Palio di Siena. In quel contesto emerse un forte impianto probatorio a carico del noto fantino che si tradusse, in seguito, nella formulazione dell'imputazione del reato di maltrattamento di animali ex art. 544 ter c.p. perché “con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, maltrattava senza necessità, ovvero deteneva in condizioni incompatibili con la loro natura, i cavalli Mocambo (positivo a fenilbutazone, ossifenilbutazone, flunixin, desametasone), S'Othierusu (positivo al ossifenilbutazone, flunixin), Fulmine Femmina (positivo a ossifenilbutazone, flunixin) che presentava e faceva partecipare alle attività ufficiali di addestramento organizzate dal Comune di Siena per i cavalli in vista dei Palii del 2016, avendo preventivamente somministrato loro, in difetto di speciale abilitazione veterinaria (art. 348 c.p.), un cocktail di farmaci prevalentemente antinfiammatori (quali gli steroidei desametasone e prednisolone e i non steroidei fenilbutazone e flunixin): farmaci somministrati in dosi inferiori alla dose terapeutica consigliata, al fine di eludere i controlli antidoping, ma la cui combinazione era in grado di determinare un aumento delle performance sportive”.
Il processo di primo grado, celebrato al Tribunale di Siena nel 2019 si era concluso incredibilmente con l'assoluzione del fantino dall'accusa di maltrattamento ai danni dei cavalli Fulmine Femmina, Mocambo e S'Othierusu.
Il Tribunale aveva ritenuto che la fattispecie contestata dalla Pubblica Accusa fosse quella contemplata dall'art. 544 ter , comma 2, del Codice Penale, in forza della quale assume rilevanza penale la somministrazione all'animale di sostanze vietate, escludendo che le condotte contestate all'imputato si attagliassero alla norma penale incriminatrice oggetto di contestazione, atteso che le sostanze rinvenute nel sangue degli equidi ispezionati non rientravano tra quelle vietate dalla normativa di settore, avendo altresì ritenuto che nessuno dei tre cavalli trovati positivi alle analisi doveva partecipare ad eventi equiparabili a gare o competizioni e che nessuna prova fosse stata fornita dal Pubblico Ministero circa eventuali pregiudizi all'integrità dei tre cavalli, quale diretta conseguenza della somministrazione dei farmaci.
Diverso giudizio maturava la Corte di Appello di Firenze che, all'esito del processo in grado d'appello nel 2023, ribaltava la sentenza di primo grado, condannando il fantino per il reato di maltrattamento di animali a 7 mesi di reclusione. La Corte, accogliendo le doglianze formulate dalla Procura di Siena nell'atto d'appello, richiamava l'orientamento della suprema Corte di Cassazione (sentenza n. 5235 del 24/05/2016) secondo il quale “la somministrazione non sotto diretto controllo medico di sostanza medicamentosa con il malcelato fine di lenire il dolore ma in realtà con il proposito di consentire ad un cavallo afflitto da patologie muscolari di partecipare ugualmente ad una gara alla quale, in presenza di dolore, non avrebbe potuto partecipare, integra una ipotesi di maltrattamento perché non garantisce il benessere dell'animale; né una apparente e temporanea situazione di benessere vale ad escludere la configurabilità del reato in quanto il concetto di benessere evoca il concetto di qualità della vita del singolo animale come da esso percepita e presuppone che l'animale goda buona salute. In altri termini, il benessere animale nel suo complesso, oltre a ricomprendere la salute e il benessere fisico, esige che l'animale In quanto essere senziente goda di un benessere psicologico e sia in grado di poter esprimere i suoi comportamenti naturali. Ne consegue che la somministrazione ad opera dell'uomo di farmaci senza specifiche necessità terapeutiche non può rientrare nel concetto di garanzia del benessere animale, anche perché in realtà tale azione intende perseguire ben altra finalità. Senza dire che la somministrazione di farmaci antidolorifici al cavallo in vista della sua partecipazione ad una gara espone comunque l'animale, proprio perché non clinicamente guarito ed in buona salute ab origine a situazioni di stress (assolutamente comuni nelle competizioni sportive) e rischi ulteriori che possano pregiudicarne in modo ancor più significativo il suo stato psico-fisico”, significava come a nulla rilevasse che non vi fosse la prova di un danno nei cavalli ai quali erano stati somministrati i farmaci, giacché “la somministrazione dei farmaci senza necessità alcuna è già lesivo del benessere psico-fisico dell'animale, così come la sottoposizione ad attività faticosa e stressante per il cavallo, cui sono stati somministrati farmaci necessari, è lesivo della salute dell'animale”, nonché che fosse irrilevante che i cavalli non avessero partecipato a vere e proprie competizioni perché “ciò che rileva non è la somministrazione di sostanze dopanti ma la sottoposizione a trattamenti dannosi per la salute ed è innegabile che la partecipazione alle corse di addestramento in circuiti che riproducono fedelmente il tracciato del Palio di Siena implichi un impegno fisico e uno stress per il cavallo per nulla trascurabile”.
A sigillare la condanna del fantino, confermando la legittimità della sentenza pronunciata dalla Corte d'Appello, è stata la III Sezione Penale della Corte di Cassazione che, all'esito dell'udienza del 15/02/24, ha definitivamente dichiarato la responsabilità penale dell'imputato per il reato di maltrattamento di animali, chiarendo e riconducendo perfettamente il reato alla avvenuta somministrazione di farmaci ai cavalli senza alcuna prescrizione medica né giustificazione, in modalità estranea alla sussistenza di patologie e in combinazione idonea ad aumentare le loro performance sportive.
La Cassazione ha cristallizzato come il benessere animale, tutelato attraverso il reato ex art. 544 ter c.p., “evoca il concetto di qualità della vita del singolo animale come da esso percepita (…) in altri termini, il benessere animale nel suo complesso, oltre a ricomprendere la salute e il benessere fisico, esige che l'animale, in quanto essere senziente, goda di un benessere psicologico e sia in grado di poter esprimere i suoi comportamenti naturali. Ne consegue che la somministrazione ad opera dell'uomo di farmaci senza specifiche necessità terapeutiche non può rientrare nel concetto di garanzia del benessere animale, anche perché in realtà tale azione intende perseguire ben altra finalità. La somministrazione di farmaci antidolorifici al cavallo espone l'animale, perché in buona salute ab origine, a situazioni di stress (assolutamente comuni nelle competizioni) e rischi ulteriori che possono pregiudicarne il suo stato psico-fisico (…) il testo dell'art. 544 ter, comma 2 c.p. prevede una specifica ipotesi di reato di maltrattamento quale diretta conseguenza della somministrazione di sostanze dopanti ad animali, da intendersi comprensiva non solo della somministrazione di sostanze vietate ma di qualsiasi manipolazione clinica che, in assenza di idonee e necessarie indicazioni terapeutiche, sia finalizzata al miglioramento delle prestazioni. In questo quadro i rilievi formulati dalla Corte, per cui la somministrazione ingiustificata di antinfiammatori, in misura tale da incidere sulle prestazioni dei cavalli, pregiudica il benessere psico-fisico degli stessi, ed egualmente incide negativamente la loro sottoposizione ad attività fisiche faticose dopo tali somministrazioni, appaiono coerenti e corretti giuridicamente”.
Ecco un caso che evidenzia una delle molteplici facce dello sfruttamento animale nelle manifestazioni sportive e storiche. Le somministrazioni farmacologiche effettuate sui cavalli per aumentarne le prestazioni atletiche senza alcuna giustificazione medica non sono solo una violazione delle leggi vigenti e del Codice penale, ma rappresentano un abuso morale che vede gli animali come strumenti al servizio degli interessi umani.
La condanna definitiva del fantino del Palio di Siena per maltrattamento di animali rappresenta un momento significativo che richiede una riflessione più ampia.
Si tratta di un episodio che non deve essere considerato isolato, ma come parte di un problema sistemico: la nostra società spesso tratta gli animali come mezzi per raggiungere fini umani, ignorando il loro benessere e i loro diritti come esseri senzienti. La somministrazione di farmaci ai cavalli per migliorare artificialmente le loro prestazioni è un esempio lampante di questa mentalità. Tali pratiche non considerano la sofferenza e i rischi a cui sono esposti gli animali, compromettendo la loro salute fisica e psicologica.
La condanna del fantino dovrebbe essere l'inizio di un cambiamento culturale e legislativo. Non basta regolamentare queste pratiche; è necessario abolirle completamente. Le competizioni e le manifestazioni che sfruttano gli animali devono essere sostituite con alternative che rispettino la dignità e il benessere di tutti gli esseri viventi.
Nadia Zurlo (Responsabile Area Equidi)