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Vivisezione: tra il 2021 e 2022 utilizzati 17.9 milioni di animali in Europa

Pubblicate le statistiche per UE e Norvegia.

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venerdì 09 agosto 2024

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#sperimentazione
Ricerca senza animali

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I numeri continuano ad essere tragici e allarmanti

La Commissione europea ha pubblicato le statistiche relative agli animali utilizzati per fini sperimentali in tutta l'UE e la Norvegia nel 2021 e 2022 e le modalità con cui gli stati membri hanno implementato la Direttiva nel quinquennio 2018-2022: i dati continuano ad essere allarmanti.

All'interno della sezione italiana delle statistiche europee, il referente per l'Italia riporta che, i fondi ministeriali emanati nel 2022 (su cui abbiamo redatto e presentato un dossier), “hanno contribuito a diminuire il numero di animali utilizzati per la sperimentazione”, ribadendo l'importanza di un sostegno economico. Apprezziamo il voler riportare questo risultato in un contesto europeo di rilievo, ma una domanda sorge spontanea: per quale motivo, ad oggi, non è previsto nemmeno 1 centesimo per i metodi sostitutivi in Italia?

Nonostante i modelli human-based siano indicati come prioritari dalla normativa europea e dai decreti nazionali, il numero di animali utilizzati e uccisi nella ricerca rimane ancora altissimo: 9.5 milioni nel 2021 e 8.4 milioni nel 2022. Oltre a questi, si aggiungono i milioni di animali allevati e uccisi senza mai essere utilizzati in alcuno studio, ma solo per mantenere linee geneticamente modificate o perché nati come “surplus”: solo nel 2022 sono stati 9.5 milioni, un numero spaventoso.
La riduzione tra il 2021 e il 2022, purtroppo, non è da intendersi come positiva, perché l'aumento di animali utilizzati nel 2021 è collegato a tre sperimentazioni condotte in Norvegia e Spagna che hanno visto l'utilizzo di 1.3 milioni di pesci; oltre a questo numerosi esperimenti che erano stati interrotti a causa del Covid-19 sono stati posticipati dal 2020 al 2021.

Il numero totale continua quindi ad essere elevatissimo e non si osservano riduzioni sostanziali nel corso degli anni.

Su scala europea, nel 2021 l'Italia si classifica quarta su 28 Paesi analizzati, con più di 500 mila animali, mentre risulta settima nel 2022 con oltre 450 mila animali utilizzati.

In merito alle specie particolarmente protette come cani e primati non umani, su cui l'opinione pubblica si è chiaramente espressa contraria, in Italia il numero rimane pressoché costante negli anni, con una lieve diminuzione di primati tra il 2021 e 2022 (da 594 a 326 animali) ma con un aumento nel numero di cani (da 751 a 759 animali).

La percentuale di animali utilizzati a fini regolatori (imposti da autorità europee e nazionali) continua a rappresentare una parte relativamente piccola nel complesso degli animali utilizzati che, ad oggi, vengono sfruttati e uccisi in ricerche di base o test per cui non esiste nessun obbligo di legge.

Le statistiche europee confermano una stabilità nelle percentuali di animali coinvolti nei più elevati livelli di dolore: oltre il 50% degli animali, sia nel 2021 che nel 2022, è stato sottoposto a procedure invasive ed estremamente dolorose.

In merito alle attività di controllo e monitoraggio da parte delle autorità competenti, spaventa il fatto che in Italia, un solo ente pubblico (Ministero della Salute) ricopre il ruolo di autorizzatore e valutatore delle centinaia di richieste di autorizzazioni ogni anno: solo nel 2022, ne risultano pervenute 843.

In che modo il Ministero, da solo, può esaminare attentamente e nel dettaglio un numero così elevato di richieste e allo stesso tempo garantire che gli stessi studi non siano mere duplicazioni di sperimentazioni già effettuate?

Sempre sul suolo italiano sono in attività 283 stabilimenti autorizzati ad allevare e utilizzare animali in sperimentazioni, di cui 10 autorizzati a detenere primati non umani. Un numero elevatissimo.

Inoltre, in ognuno di questi stabilimenti autorizzati, per legge, dev'essere presente un organismo preposto per il benessere animale (OPBA) ma, all'interno di questo comitato, non è prevista la presenza di figure chiave - come eticisti, statistici, etologi o esperti nell'ambito dei metodi sostitutivi - che davvero garantirebbero la corretta attuazione della normativa

Nel 2022 il numero di animali geneticamente modificati che presentavano alterazioni genetiche sofferenti fin dalla nascita è aumentato, arrivando ad oltre 360 mila. Ognuno di questi animali è destinato ad una breve “vita” in condizioni di costante dolore a causa di tumori indotti e fenotipi sofferenti congeniti, oltretutto per il solo mantenimento di queste colonie c'è stato un incremento di oltre il 65% in un solo anno.

Si assiste ad un grave aumento di animali utilizzati nella ricerca di base in ambito oncologico (+11%), nonostante non vi siano obblighi di effettuare sperimentazione su animali, e i modelli human-based siano attendibili perché si basano su dati che riguardano l'oggetto della ricerca, cioè l'uomo. Le patologie oncologiche vengono infatti riprodotte artificialmente negli animali che, in condizioni naturali, non si ammalerebbero dei nostri tumori. Un esempio: il fumo di sigaretta è innocuo nelle cavie e ciò ha permesso alle multinazionali del tabacco di vendere e far ammalare milioni di persone grazie al paravento giuridico della sperimentazione animale.

In merito ai primati, la legge dice chiaramente che non andrebbero utilizzati e che, in caso di utilizzo, dovrebbero provenire da colonie autosufficienti presenti sul territorio europeo.

Nel contesto comunitario, il numero di primati utilizzati è ancora molto alto, ma è in aumento la percentuale di scimmie che provengono da allevamenti europei, rispetto a quelli importanti da paesi extra-EU.

In Italia, invece, come evidenziato nell'analisi dei dati pubblicati dal Ministero della Salute prosegue la massiccia importazione da Africa e Asia, di cui sono note le gravi problematicità legate alle catture illegali di animali selvatici, i mancati controlli delle autorità locali e i lunghissimi viaggi a cui vengono sottoposti.

Nell'ambito dei test per i pirogeni, di cui recentemente abbiamo riportato lo stop definitivo imposto dalla Farmacopea Europea, i numeri sono ancora elevati, sebbene in diminuzione nel corso degli anni e che ci aspettiamo si azzerino entro il prossimo anno.

Ci rivolgiamo al Ministero della Salute e al Ministero della Ricerca dai quali ci aspettiamo un cambio di rotta, con fondi costanti e consistenti che ci porterebbero al pari con gli altri paesi contribuendo al progresso della ricerca, invece che continuare a lasciarci indietro.