Il Ministero della Salute ha recentemente ospitato un importante convegno sui metodi alternativi alla sperimentazione animale, dal titolo “Il Principio delle 3R per una visione comune”.
L’incontro ha fornito un’ampia panoramica sulle ricerche più innovative presenti nel nostro Paese, dando voce a importanti realtà nazionali come il centro 3R, che riunisce varie Università tra cui Pisa, Genova, Milano, Torino e Pavia, IPAM (la piattaforma italiana sui metodi alternativi) e l’IZLER di Brescia (Centro di Referenza Nazionale per i Metodi Alternativi Benessere e Cura degli Animali da Laboratorio).
Nel corso dell’evento, in molti hanno lamentato la totale ignoranza dei modelli alternativi nel contesto scientifico italiano, un gap culturale inaccettabile e una grave irregolarità legislativa: accusa che non è piaciuta ai ricercatori in sala. Purtroppo, però, è un dato oggettivo che l’iter autorizzativo per poter impiegare animali preveda la compilazione di un modulo (allegato VI) in cui occorre giustificare il motivo per cui non si ricorre a modelli alternativi. L’esperienza, inoltre, indica che questa sezione è spesso compilata con estrema sintesi, affermando che il modello animale non è sostituibile, e con riferimenti bibliografici sempre legati a procedure in vivo.
Durante il convegno è stato ricordato che nessun modello animale è mai stato validato, mentre l’iter di validazione per i modelli alternativi è lungo e complesso, potendo impiegare fino a 10 anni: un ennesimo ostacolo alla loro diffusione e messa a punto, a cui si aggiunge il fatto che il Decreto che li prevede non li sostiene, nemmeno minimamente, dal punto di vista finanziario.
Auspichiamo che il Ministero si impegni concretamente nell’implementazione e diffusione dei modelli non animali, diventando portavoce di una ricerca innovativa richiesta sia dalle norme che dal contesto scientifico internazionale.