Per parlare di sperimentazione animale, secondo la legge nazionale e le direttive internazionali, nei test devono essere coinvolti vertebrati, con l’unica eccezione del polpo. Rimangono quindi escluse moltissime forme di vita, tra cui gli insetti.
Spesso considerati ripugnanti o, al contrario, il cibo del futuro, tutti sembrano dimenticare però una cosa fondamentale: sono esseri viventi!
Per questo lascia ammutoliti la notizia del kit per telecomandare gli insetti col cellulare, messo in commercio e ampiamente pubblicizzato su internet. Recentemente, infatti, la società Backyard Brains ha ideato un box chiamato RoboRoach che, al costo di 99 dollari, fornisce all'acquirente un chip bluetooth e un piccolo set da chirurgia per applicarlo sul dorso di uno scarafaggio, e consentire quindi all'utente di governare i movimenti dell'insetto e farlo camminare nelle direzioni desiderate, attraverso un'applicazione sullo smartphone. All’interno del kit viene specificato di anestetizzare lo scarafaggio usando del ghiaccio perché gli ideatori non sanno “se la blatta senta dolore al risveglio dall’anestesia o se possa percepire che gli manchi una zampa”.
Dichiarazioni grottesche che lasciano basiti. Il punto è: ma c’è davvero bisogno di impiegare fondi e ricerche per realizzare prototipi che sfruttano insetti, violentati fisicamente, per costringerli a camminare in una direzione col cellulare? E' un macabro scherzo? Se l’idea è già di per sé inconcepibile, il fatto che venga brevettata e venduta è addirittura inaccettabile!
Abituare, soprattutto i ragazzi, che gli animali sono giocattoli con cui fare di tutto, che il dolore non esiste, come non esiste il rispetto alla loro vita, è pericoloso e profondamente sbagliato.
Queste vittime non sono rinchiuse dietro le gabbie di un laboratorio, ma sono comunque tristi cavie della sperimentazione, per la legge non esistono, ma per il nostro senso morale e i nostri occhi si: insegniamo ad amare anche quello che è considerato brutto, invece di distruggere e deridere, superando il confine di specie, perché il rispetto non deve avere limiti o barriere.
Barbara Paladini
Foto Backyard Brains