Sono ormai ben 19 i focolai di influenza aviaria ad alta patogenicità confermati in Veneto e Lazio, con la conseguenza che circa 800 mila animali fra tacchini, polli e galline ovaiole sono tutti destinati all’abbattimento e successivo smaltimento come fossero merce avariata: sta diventando una emergenza sanitaria di portata nazionale.
Le informazioni epidemiologiche riportate sul sito web dell’Istituto Zooprofilattico delle Venezie, centro di referenza nazionale per l’influenza aviaria, danno conto che nei pressi della maggioranza dei focolai è stata rilevata la presenza di uccelli selvatici appartenenti anche a specie cacciabili, ipotizzando che la via d’ingresso utilizzata dal virus per entrare negli allevamenti, possa essere individuata nel contatto indiretto con l’avifauna selvatica.
Dal 22 ottobre il Ministero della Salute ha sospeso l’utilizzo, in funzione di richiami vivi per la caccia, degli uccelli acquatici appartenenti agli ordini dei Caradriformi e Anseriformi, in alcuni comuni delle regioni del centro-nord. Nelle stesse zone ha vietato anche il ripopolamento di fagiani a fini venatori, con possibilità però di derogare a tale divieto su autorizzazione delle autorità locali.
Dai dati sopra riportati è evidente come ancora una volta la caccia si configura come possibile fonte di un nuovo spillover, estremamente pericoloso non solo per i cacciatori, possibili responsabili del salto di specie di un virus da animale a uomo, ma anche per tutti i cittadini che poi potrebbero essere da loro contagiati.
E’ lo stesso centro nazionale per l’influenza aviaria, costituito presso l’Istituto Zooprofilattico delle Venezie, che, proprio a proposito del virus di cui potrebbero essere portatori gli uccelli selvatici, precisa che “Data l’elevata frequenza con cui questi virus vanno incontro a fenomeni di mutazione, c’è la concreta possibilità che da un serbatoio animale possa originare un nuovo virus per il quale la popolazione umana risulta suscettibile dando modo alla malattia di estendersi a livello globale, provocando quindi una pandemia.”
Qualche settimana fa la Cina ha lanciato un nuovo allarme all’OMS, indicando una possibile nuova variante del virus dell’influenza aviaria che sembra essere più contagiosa per le persone, avendo determinato l’aumento dei casi umani con un’elevata mortalità. Nonostante queste evidenze la caccia continua ad essere del tutto consentita, come se l’enorme carico di sofferenza legato alla pandemia da Covid-19 non avesse insegnato nulla alle autorità sanitarie del nostro Paese.
Lo stesso Piano nazionale di sorveglianza per l’influenza aviaria, prevede solamente il controllo degli uccelli rinvenuti morti o di quelli che a giudizio dei cacciatori dovessero riportare i sintomi dell’influenza aviaria. L’eventuale insorgenza di una nuova pandemia e la nostra salute sono quindi lasciate nelle mani di individui - i cacciatori - chiamati a dare giudizi sullo stato di salute delle loro vittime come fossero dei veterinari.
“In un periodo in cui ogni cittadino deve adeguarsi a precisi protocolli per evitare la diffusione dell’epidemia da Covid-19, non si capisce per quale motivo i cacciatori possano continuare indisturbati a uccidere e manipolare animali potenzialmente infetti – dichiara Massimo Vitturi, responsabile LAV, area Animali Selvatici – chiediamo che il Ministro della Salute sospenda immediatamente la caccia a tutte le specie di volatili perché possibili vettori del virus dell’influenza aviaria ad alta patogenicità”.