Chi vive vicino agli allevamenti continua, notte e giorno, a fare segnalazioni al 112 per sversamenti e cattivi odori.
A seguito dell’inchiesta andata in onda su Rai3 nel programma Report, lo scorso 9 gennaio, LAV ha ritenuto doveroso scrivere a B-Lab, ente non-profit della Pennsylvania che si occupa di certificare un nuovo modello di business, premiando realtà che si dovrebbero – e il condizionale è d’obbligo - impegnare a raggiungere alti standard sociali e ambientali, oltre che di trasparenza e responsabilità.
Fileni era una di quelle aziende certificate B-Corp, ma il servizio di Report ha mostrato qualcosa di molto lontano dagli obiettivi di B-Lab.
E proprio pochi giorni dopo l’inchiesta di Giulia Innocenzi, B-Lab ci ha tenuto a divulgare la notizia che come ente certificatore “ha dato il via a una revisione ufficiale delle accuse a Fileni, come previsto dalla nostra Procedura di Reclamo”, dove la stessa B-Lab ha dichiarato “di risolvere il caso entro altri 90 giorni”.
Le richieste di LAV sono due: la revoca della certificazione B-Corp a Fileni Alimentare e l’inserimento delle aziende zootecniche nelle “controversial issues” di B-Lab, ovvero in quella categoria di attività che non possono ricevere la certificazione, salvo precisi impegni vincolanti.
Chiediamo infatti che la certificazione sia concessa solo a quelle aziende zootecniche che vincolino l’attività a parametri di dismissione/riconversione dell’attività produttiva verso produzioni non animali, mostrando un vero impegno per la sostenibilità e la transizione ecologica.
Diventare una B-Corp è un’importante strategia di marketing: tale certificazione rafforza l’immagine e la reputazione dell’azienda, rendendola automaticamente sicura e affidabile agli occhi del consumatore. E le perplessità sulla permanenza dell’azienda nel gruppo delle B-Corp nascono proprio su quei temi citati da Roberta Fileni al momento dell’ottenimento della certificazione come distintivi per l’azienda: “bene comune”, “valorizzazione del territorio” e delle “comunità”.
Ma il consumatore finale, i cittadini che acquistano i prodotti Fileni perché rassicurati da una certificazione che dovrebbe garantire “alti standard”, di fatto da B-Lab sono stati lasciati soli, rimandando alla stessa Fileni la totale responsabilità di quanto trasmesso da Report.
Nell’analisi svolta da LAV e trasmessa a B-Lab è possibile rilevare numerose criticità che riteniamo possano significativamente pregiudicare il mantenimento della certificazione B-Corp da parte di Fileni Alimentare, in virtù di una potenziale sussistenza di elementi in contrasto con quanto previsto dal disciplinare.
In particolare, le criticità emerse, e su cui LAV chiede urgenti verifiche, rientrano nelle categorie ambientale, della comunità, dell’etica e della trasparenza e impongono di valutare una riduzione del punteggio (necessario per attivare la procedura B-Lab) che potrebbe matematicamente portare alla revoca della certificazione.
Lasciare ad un’azienda come Fileni, con le criticità emerse, il mantenimento della certificazione B-Corp senza intraprendere le dovute urgenti verifiche ed azioni conseguenti, è fuorviante e pericoloso per quei consumatori che affidano ad una certificazione i propri acquisti, e che si aspettano il pieno accertamento di condotte trasparenti, etiche e sostenibili. Ecco perché riteniamo necessario che B-Lab difenda la propria credibilità e con essa quella di numerose aziende certificate che fanno della sostenibilità ambientale, della trasparenza e della responsabilità sociale il proprio impegno quotidiano.
È necessario, inoltre, sottolineare l’insostenibilità ambientale e climatica delle produzioni animali in generale, come ampiamente mostrato dalla letteratura scientifica.
Non da meno, l’allevamento di animali a fini alimentari, in particolar modo quello su scala industriale, pone minacce anche sulla sanità pubblica, a partire dall’antimicrobico-resistenza e dalla diffusione di zoonosi, come l’influenza aviaria. Infine, la scienza ha ampiamente confermato che gli animali sono esseri senzienti, che quindi, confinati negli allevamenti, non possono vivere secondo le loro esigenze di specie e sono esposti a gravi sofferenze.
Tali elementi non lasciano dubbi sul fatto che attività di produzione animale non rispettano in generale le condizioni per ottenere la certificazione B-Corp.
In attesa di aggiornamenti sulla revisione di B-Lab in corso, LAV rinnova le sue domande a Fileni, rimaste ancora senza risposta.
Le nostre domande:
Che procedura di gestione mette in atto l’azienda per quei polli non idonei agli standard commerciali, ad esempio che non crescono e restano più piccoli degli altri?
Quali sono i dati sulla mortalità in azienda per le diverse tipologie di allevamento (convenzionale e biologico)?
Viste le problematiche per la salute degli animali legate all’impiego di razze a rapido accrescimento, l’azienda cosa pensa della selezione genetica dei polli broiler?
Viste le problematiche per la salute degli animali legate all’impiego di razze a rapido accrescimento, l’azienda pensa di convertirsi interamente al biologico nei prossimi anni, dismettendo in toto l’utilizzo di razze a rapido accrescimento e riducendo contestualmente il numero di animali allevati?
In quali casi e per quali motivi il pollo Rusticanello, simbolo della produzione biologica dell’azienda, non ha accesso all’aperto? Se del caso, quale percentuale del ciclo di allevamento rappresenta il periodo senza accesso all’aperto?
Quanti sono i polli allevati secondo il metodo biologico in percentuale rispetto al totale dei polli allevati dall’azienda?
Il disciplinare sull’etichettatura di Unaitalia, cui l’azienda aderisce, è di pubblica consultazione? Dove è possibile consultarlo? Tutti i prodotti dell’azienda seguono questo disciplinare?
Ci sono differenze nel numero di veterinari a disposizione tra allevamento convenzionale e biologico?
LEGGI LA LETTERA APERTA DI LAV ALL'AZIENDA