“Una pronuncia netta che inchioda il cacciatore alle sue responsabilità e mette in evidenza la debolezza delle associazioni venatorie nazionali che non riescono a tenere a bada il desiderio di uccidere dei loro associati”, con queste parole la LAV, parte civile nel procedimento, si fa promotrice della difesa della legalità e degli animali: un’emergenza concreta dal momento che nel 2016 sono stati uccisi altri 3 Ibis e due sono stati feriti. Questo il commento della LAV alla pronuncia della Terza Sezione della Corte di Cassazione, che ha rigettato il ricorso di un cacciatore condannato nel settembre 2016 dal Tribunale di Livorno per aver ucciso due individui di Ibis Eremita.”
Il progetto Waldrappteam prevede di far nascere in cattività gli uccelli e successivamente di “accompagnarli” durante la loro fase di migrazione dalla Germania all’Italia, mediante l’uso di rilevatori GPS e alla presenza dei ricercatori che ne predispongono la rotta a bordo di velivoli ultraleggeri che gli Ibis riconoscono come genitori adottivi.
“I cacciatori si confermano come i peggiori nemici degli animali – commenta Massimo Vitturi, responsabile Animali Selvatici della LAV – un passatempo condannabile sotto il profilo etico e ambientale, ad esempio quando violano le distanze di sicurezza sparando vicino alle abitazioni, quando feriscono ignari escursionisti, quando, come in questo caso, uccidono animali particolarmente protetti dalle norme europee, ovvero sconfinano in gravi atti di bracconaggio”.
“Evidentemente però le associazioni venatorie non hanno alcun potere nei confronti dei cacciatori – conclude Vitturi – chiediamo al Ministro dell’Ambiente l’emanazione di un decreto che vieti la caccia almeno lungo le rotte di migrazione degli ibis, così da scongiurare ulteriori uccisioni da parte di cacciatori desiderosi unicamente di veder scorrere il sangue di animali innocenti.”