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Green Hill, al via il processo per "il medesimo disegno criminoso"

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Ultimo aggiornamento

giovedì 19 giugno 2014

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Due anni fa lo promettemmo, dopo averne ottenuto il sequestro giudiziario. C’era bisogno di aiuto per liberare i beagle da Green Hill. E ci siamo riusciti. Poi ci saremmo dovuti liberare di Green Hill. Dal marzo scorso l’allevamento per la vivisezione di Montichiari non può più riaprire grazie alla vincente battaglia per far inserire nel Decreto Legislativo 26-2014 il divieto di questo tipo di attività. E lunedì 23 giugno, alle ore 9:00, inizia al Tribunale di Brescia il processo!

Gli imputati sono Bernard Gotti e Ghislane Rondot, co-gestori e rappresentanti della “Green Hill 2001 srl”, della “Marshall Bioresources” e della “Marshall Farms Group”; Roberto Bravi e Renzo Graziosi, rispettivamente direttore e veterinario dell’allevamento. Tutti e quattro, si legge nel Decreto di citazione diretta a giudizio firmato dai Procuratori della Repubblica Raimondi e Cassiani, “per il delitto di cui agli articoli 110, 81 cpv. 544-bis e 544-ter 1 e 3 c.p.” perché “con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, senza necessità, privando i 2639 cani beagle detenuti dei loro pattern comportamentali (ovvero di tutte le attività vitali e insopprimibili di ogni specie) li sottoponevano a comportamenti insopportabili per le loro caratteristiche etologiche, detenuti in un ambiente inadeguato ad esprimere i comportamenti etologici propri ella loro specie, attraverso una serie di eto-anomalie riscontrate (quali  ad esempio il cosiddetto freezing, paura, ansia, stereotipie, comportamenti ridiretti), manifestavano uno stato di stress cronico (cosiddetto distress) direttamente cagionato (…) senza necessità e con il solo fine di abbattere i costi di impresa, per procedere all’identificazione dei cani, in luogo dell’indolore ma costoso micro-chip, utilizzavano la tatuatura con aghi, strumento vietato, tagliavano le unghie fino alla base con rottura dei vasi sanguigni connessi alle radici delle unghie medesime, con l’aggravante dell’essere derivata la morte di n.104 cani beagle;  senza necessità se non quella di liberarsi di un prodotto non più vendibile alla clientela mediante soppressione (cosiddetta eutanasia) cagionavano la morte di n.54 cani beagle”.
Due anni fa, nei giorni caldi della liberazione dei beagle da Green Hill, passati da 2400 a oltre 3000 per le gravidanze già in corso nel campo di concentramento, che hanno tutti trovato casa e affetto, abbiamo sentito ripetere parole come “esistono leggi rigorose”. Anche chi lo ha detto sa che non è vero. Ora sarà però appurato, non a parole, chi ha violato e perché “le leggi rigorose” e chi glielo ha lasciato fare per anni e anni. 
La LAV, associazione denunciante, è stata identificata già come “parte offesa” nel processo.  Ma ad essere offese sono state e sono quelle vite, quelle di tutti gli altri animali e di tutti gli umani civili, di chi ha battagliato in questi anni a tutti i livelli, dalle piazze ai tetti, per far chiudere Green Hill. E poi i  quasi 900mila animali l’anno  usati ancora dalla vivisezione e le cavie umane inconsapevoli e a pagamento. 

Siamo convinti che le prove raccolte non possano lasciare dubbi sulla sentenza. Questo processo sarà un bella prova  anche per misurare la fiducia nelle Istituzioni che hanno fatto e stanno facendo, solo il loro dovere. E avere una sentenza che possa far chiudere le altre Green Hill di tutti i tipi, ancora in mano al potere oscurantista e dittatoriale della vivisezione.

Gianluca Felicetti
Presidente LAV