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Granchio blu: evitare lo sterminio è necessario e possibile

Negli stanziamenti del Governo per l'emergenza 'granchio blu' è compresa un'effettiva protezione dei mari ed oceani? Ce lo chiediamo.

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Ultimo aggiornamento

venerdì 22 settembre 2023

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Le specie acquatiche invasive: il granchio blu

Si sente spesso parlare della pericolosità delle specie cosiddette invasive. La LAV già da diversi anni ha posto questa questione al centro del suo lavoro, presentando un chiaro programma d’azione che vede nei metodi alternativi a quelli letali una soluzione per controllare la presenza di specie alloctone (non native di quel determinato ambiente).

Ma cosa sono e perché sono considerate un problema?

Se sulla terraferma può sembrare più scontato capire gli impatti di una specie alloctona su quelle autoctone, per le specie marine, da sempre meno considerate nell’immaginario collettivo, il collegamento non è forse così immediato.

Le specie acquatiche invasive, organismi d'acqua dolce o marina diffusi o introdotti al di fuori dell’habitat originario, possono causare danni all’ambiente in cui si è introdotto e sono considerate una minaccia alla biodiversità dei mari europei. Sono per questo oggetto delle politiche dell'Unione Europea, ma è bene ricordare che queste non hanno colpe, perché sono per la stragrande maggioranza importate da noi.

Dal 1970, ben 640 specie (escluse le microalghe, gli agenti patogeni e i parassiti) hanno “invaso” le acque europee, con un tasso medio annuo crescente di nuove introduzioni. Queste specie si diffondono al di fuori del loro habitat naturale attraverso attività come la pesca, la navigazione e il trasporto marittimo, rappresentando quasi la metà di tutte le nuove invasioni.

Tra il 2012 e il 2017 sono state rilevate in media 21,5 specie all'anno, rispetto alle 7 degli anni Settanta, con tassi di introduzione che variano a seconda del gruppo di specie, del percorso e della regione marina, con un numero di nuove specie particolarmente significativo nel Mar Mediterraneo.

Non ci meraviglia quindi leggere sempre di più della presenza del granchio blu (Callinectes sapidus) sulle coste del nostro paese, animale che è diventato ormai un serio competitore e predatore di altre specie, non trovando quasi più suoi predatori naturali, come squali, razze, polpi e tartarughe, in un Mar Mediterraneo sempre meno ricco di animali marini.

Originariamente questa specie vive lungo tutta la costa atlantica e nel Golfo del Messico e viene pescata assiduamente in quelle aree per fini gastronomici tipici di quelle zone e venduta anche in Cina. Oggi stranamente per il Ministro dell’Agricoltura, della Sovranità alimentare e delle Foreste, Francesco Lollobrigida, la specie è diventata un’improvvisa opportunità culinaria da cogliere al volo per il nostro Paese, tanto da cimentarsi anche lui ai fornelli, in nome di un Made in Italy che in questo caso di tipico e tradizionale ha ben poco.

Come ha scritto questa settimana il famoso fotografo subacqueo Alberto Luca Recchi: “Il granchio blu non è arrivato dalle coste degli Stati Uniti passeggiando, ce lo abbiamo portato noi, dandogli “un passaggio involontario” nelle zavorre piene di acqua delle navi".

Il 90% circa delle specie non autoctone e cosiddette invasive si sono insediate in un determinato habitat a causa dell’impatto antropico. Per questo, è importante ora più che mai ricordarsi che gli animali esotici non devono essere tenuti come animali familiari e che, laddove non sia questo il caso, come per il granchio blu, le normative vigenti per il controllo dell’introduzione di specie marine attraverso le acque di zavorra devono essere seriamente attuate (La convenzione sulle acque di zavorra stabilisce che le navi che trasportano acque di zavorra dovranno predisporre un piano di gestione e trattamento per garantire la minimizzazione dei rischi; il piano di gestione dovrà essere specifico per ogni nave e dovrà essere incluso nella documentazione operativa di bordo).

La questione chiave è che queste popolazioni non crescono da un giorno all'altro da pochi individui a livelli distruttivi, ma chi ci governa trova sempre nell’eradicazione “dell’invasore”, la soluzione ottimale, invece di andare ad analizzare la problematica all’origine dell’introduzione, in un contesto come quello attuale dove l’eradicazione risulta impossibile.

Nel lago di Fogliano, in provincia di Latina, i pescatori che vengono sorpresi a pescare granchi blu senza il dovuto permesso ricevono una multa di 300 euro insieme al sequestro della loro attrezzatura da pesca; in altre località invece la pesca avviene sotto consiglio delle amministrazioni consenzienti ed avallo del Ministero Lollobrigida, con la solita visione antropocentrica secondo cui le attività umane come la pesca di talune specie debbano avere la meglio sulla sopravvivenza di altre economicamente meno rilevanti per il comparto.

Ed ecco quindi che assistiamo all’ennesimo intervento a favore di un settore profondamente in crisi, che ormai riesce ad andare avanti solo grazie ai numerosi sussidi che riceve in quanto il mare è ormai tristemente vuoto, e che potrà usufruire di un fondo di 2,9 milioni di euro, stanziato dal CDM del 7 agosto, per la cattura e lo smaltimento della predetta specie.

Il fondo è stato stanziato nonostante la vendita non sia ufficialmente regolamentata a livello nazionale, ma solo tramite autorizzazioni regionali, come nel caso dell’Emilia-Romagna, e solo all'interno degli impianti di molluschicoltura. Sulla conservazione, il trasporto, le condizioni sanitarie e i prezzi al pubblico ancora vi è poca chiarezza.

In questi giorni di caccia selvaggia al granchio blu da parte di bagnanti armati di retino si tende a dimenticare che, se le leggi venissero rispettate, se le persone fossero educate al rispetto di tutti gli animali e i mari non venissero sfruttati e depauperati costantemente, ma protetti attraverso reali riserve marine, non si verificherebbero situazioni così estreme di “caccia alle streghe”.

Ricordiamoci infine, come afferma il dottor Robert Elwood, professore di comportamento animale alla Queen's University di Belfast e studioso di crostacei da decenni che: "Negare che i granchi sentano il dolore perché non hanno la stessa biologia [dei mammiferi] è come negare che possano vedere perché non hanno una corteccia visiva".