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Granchio blu: evitare lo sterminio è necessario e possibile

Negli stanziamenti del Governo per l'emergenza 'granchio blu' è compresa un'effettiva protezione dei mari ed oceani? Ce lo chiediamo.

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venerdì 22 settembre 2023

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Granchio blu: evitare lo sterminio è necessario e possibile

Qualche settimana fa abbiamo affrontato il fenomeno del granchio blu e delle specie cosiddette invasive, salite alla ribalta sui media  negli ultimi mesi.

Ritorniamo sul tema, considerato che in questi ultimi scampoli d’estate le  dichiarazioni del settore  continuano a essere riportate a tutto volume: “Questo granchio è voracissimo, è in grado, un solo esemplare, di divorare decine di metri quadri di allevamenti di vongole, in soli due giorni”.

È interessante tuttavia ricordare come gli impianti di molluschicoltura abbiano in passato sfruttato  occasioni presentate da specie cosiddette invasive. Un esempio per tutte: la vongola filippina nelle colture lagunari venete, soprattutto nella Laguna di Venezia, ha soppiantato l’italianissima vongola verace, creando anche problemi igienico-sanitari e situazioni di illegalità. (Fauna aliena ed invasiva in Veneto, 2016 diversi autori).

UNA SERIA STRATEGIA DI GESTIONE?

L’intero bacino mediterraneo è coinvolto dal fenomeno, tanto da aver fatto emergere, a livello di Nazioni Unite e di Commissione per la Pesca del Mediterraneo (CGPM), la necessità di una strategia di gestione comune per affrontare in maniera congiunta l’aumento delle popolazioni di granchio blu (rappresentate da due specie).

In quest'ottica, la CGPM ha emanato la raccomandazione CGPM/42/2018/7 sull'attuazione di un programma di ricerca regionale nel Mar Mediterraneo, con l’obiettivo di valutare lo stato della popolazione. La ricerca ha sei obiettivi specifici, ciascuno corrispondente ad altrettanti pacchetti di lavoro, inclusa la raccolta di dati utili a fornire le basi per una struttura e un processo di gestione efficaci.

Un coordinamento efficiente degli interventi servirebbe a contrastare anche le varie e stravaganti ipotesi di gestione e contenimento del granchio blu che si fanno spazio in questi giorni. Una fra tutte:  l’utilizzo delle femmine e dei piccoli della specie, non edibili, per la creazione di polimeri utili alla realizzazione di strade!

Il Governo italiano è entrato subito a sostegno di un settore che accusa il granchio blu di essere il responsabile di tutti i mali ed ha stanziato 2.9 milioni di euro a favore dei “consorzi e delle imprese di acquacoltura e della pesca, comprendendo con tale termine tutte le forme associative del settore, quali, ad esempio, le cooperative, che provvedono alla cattura ed allo smaltimento della predetta specie”.

NECESSARIO LO SCAMBIO DI DATI

L’approvazione del finanziamento non specifica  modalità, logistica e pianificazione delle operazioni. Riteniamo auspicabile che si preveda almeno uno scambio di informazioni e dati con le nazioni incluse nella CGPM che stanno affrontando lo stesso fenomeno.

La creazione di una task force mediterranea sul granchio blu:

  • potrebbe infatti evitare un’eradicazione “selvaggia” e incontrollata degli individui

  • sarebbe l’occasione per la costituzione di un piano di gestione, che comprenda un aumento di aree protette e chiuse alla pesca che sostenibile non è mai, per aumentare e ripristinare gli stock dei predatori del granchio blu e a salvaguardare le specie autoctone. Le aree ben conservate hanno infatti dimostrato maggiore resilienza all’impatto delle specie non autoctone, come sostiene la FAO.

I 2.9 milioni stanziati sembrano essere più “dell’ossigeno” per un settore che ha registrato una contrazione nel numero di impianti rispetto al 2013 (ca. il -15%)* in parte dovuta dalla riorganizzazione di imprese nel comparto della molluschicoltura, alla sospensione produttiva o all’arresto definitivo di impianti di maricoltura. 

FONDI A GO GO: QUALE UTILIZZO?

Come inoltre osservato nella Relazione della Commissione al Parlamento Europeo del 2018 (2017/2018 (INI), la stagnazione del settore riscontrata in molti Stati membri è riconducibile a varie cause. Le principali ragioni sono collegate alla complessità amministrativa, unita ad una “cattiva reputazione” del settore e all’impatto della pandemia globale di COVID-19, ma soprattutto sono da attribuirsi all’innalzamento della temperatura dell’acqua che nuoce gravemente alla sopravvivenza dei mitili (cozze e vongole).

Il settore è in chiaro affanno e ha colto l’occasione del granchio ‘invasore’ per ricevere liquidità in modo poco chiara e strutturata, nonostante goda già di consistenti fondi stanziati dall’Unione europea attraverso diversi meccanismi di finanziamento. Tra questi il più recente è il Fondo Europeo per gli Affari Marittimi, la Pesca e l’Acquacoltura (FEAMPA) (Reg. UE 1139/2021) relativo alla programmazione 2021-2027 che sostituisce il FEAMP attivo fra 2014-2020.

Il FEAMPA prevede una dotazione complessiva di 6,14 miliardi di euro: 518,2 milioni sono destinati all’Italia. 

Ci chiediamo quale misura il Governo italiano, nella sua cospicua risposta finanziaria “all’invasione blu”, abbia considerato le ambizioni internazionali ed europee ad una migliore e cosiddetta sostenibile gestione dei mari ed oceani. 

Aspettiamo di vedere la risposta.



*In Italia il comparto dell’acquacoltura (dati 2019) vede 691 impianti attivi, 44% in produzione dei molluschi e 0,1% circa a crostacei o misti. [Mipaaf, Direttorato politiche della pesca]