La lotta alla desertificazione e alla siccità passa per la transizione alimentare, che può portare a una riduzione del 40-70% delle emissioni di gas serra entro il 2050.
Nelle ultime settimane, a causa delle alluvioni in Emilia-Romagna, per le quali LAV è immediatamente intervenuta e su cui si è già espressa, si è tanto sentito parlare di siccità e cambiamento climatico, ma in cosa consiste la desertificazione e come è connessa al comparto zootecnico e alimentare?
Sul sito del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica si legge che “la desertificazione rappresenta il degrado delle terre aride, semi-aride e sub-umide secche attribuibile a varie cause, tra cui le variazioni climatiche e le attività umane”.
Clima, ecosistemi e società sono infatti interconnessi e i cambiamenti climatici causati dall'uomo stanno già influenzando molti fenomeni meteorologici estremi in ogni regione del mondo, cosa che ha portato a perdite e danni nei confronti della natura, degli animali e delle persone, e ad una riduzione della sicurezza alimentare e idrica.
In questi eventi estremi trovano posto periodi prolungati di siccità severa e improvvise precipitazioni abbondanti che risultano in alluvioni distruttive.
Come indicato nel Sesto Synthesis Report 2023 di IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change) ridurre al minimo i danni della crisi climatica richiede approcci integrati, in primis il passaggio ad alimentazioni sane e sostenibili, basate su alimenti di origine vegetale, indicando inoltre che la transizione alimentare può portare a una riduzione del 40-70% delle emissioni di gas a effetto serra entro il 2050. A questo proposito, ognuno, ogni giorno, può decidere di fare la propria parte scegliendo un’alimentazione vegetale, per la quale da anni LAV si batte e supporta le persone con informazioni ad hoc.
Il rapporto, dunque, tra attività umana, crisi climatica e conseguenze globali appare chiaro e in questo scenario gli allevamenti hanno un peso massiccio: secondo la FAO il 70% delle emissioni del settore agroalimentare sono da attribuire al comparto zootecnico. Inoltre, la ricerca sui costi nascosti della carne in Italia, anche conosciuta come “Carissima Carne”, commissionata da LAV a Demetra e recentemente pubblicata da Elsevier in qualità di articolo scientifico, ha indagato gli impatti ambientali e sanitari del ciclo di vita della carne, mostrando che la produzione ed il consumo di 1kg di carne producono costi per la società fino a 23 volte superiori a quelli relativi a 1kg di legumi.
C’è tuttavia la possibilità di produrre carne senza sfruttamento animale e riducendone di molto gli effetti clima alteranti: uno studio di Delft CE indica infatti che una produzione su larga scala di carne colturale potrebbe permettere di ridurre del 92% il riscaldamento climatico causato dalla produzione di carne, del 93% l’inquinamento dell’aria, del 78% l’utilizzo di acqua e di oltre il 90% l’utilizzo di suolo.
Gli allevamenti stessi, oltre che causa importante della crisi climatica, sono anche soggetti alle sue drammatiche conseguenze. Il mangime per gli animali, corrispondente a circa la metà dei costi industriali, ha infatti subito consistenti tensioni al rialzo negli ultimi anni, in conseguenza alla ridotta disponibilità di materie prime a causa della siccità, mettendo in difficoltà l’intera industria. Fattore che ci mostra come non sia la transizione alimentare a rappresentare un rischio per la zootecnia, bensì un’opportunità con cui fronteggiare i cambiamenti climatici.
La progressiva adozione di un’alimentazione interamente vegetale è dunque imprescindibile non solo per la sopravvivenza delle persone, ma anche per gli animali. Allo stesso modo, favorire lo sviluppo di prodotti da agricoltura cellulare è necessario, come già evidenziato più volte da LAV. Ogni anno sono infatti milioni gli animali che, detenuti negli allevamenti, devono sopportare sofferenze e privazioni prima di essere uccisi senza neanche essere giunti all’età adulta. E sono sempre anche gli animali allevati le vittime silenziose della crisi climatica, si pensi solamente a tutti coloro che sono annegati durante l’alluvione in Emilia-Romagna.
Tali eventi climatici estremi saranno sempre più frequenti e inevitabili e un repentino cambiamento è quanto mai necessario.
Per poter mitigare gli effetti della crisi climatica e sviluppare strategie di adattamento è imperativo porre l’attuale sistema alimentare al centro del dibattito politico. Per gli animali e le persone è ora di supportare la transizione alimentare e optare per cibi completamente vegetali e da agricoltura cellulare. E tale cambiamento richiede in primis impegno e ambizione alle istituzioni e agli attori del mercato.