Partono questa settimana per l'Antartico le navi baleniere della flotta giapponese.
L'apparente novità è data dal fatto che, almeno secondo le dichiarazioni, dalle navi sarebbero stati smontati gli arpioni, forse in conseguenza della sentenza del Tribunale Internazionale ONU dell'Aja che lo scorso marzo aveva ordinato al Giappone la sospensione della caccia nell'Antartico, ritenendo ingiustificabili le motivazioni "scientifiche" dichiarate dalla flotta nipponica.
La sentenza della Corte internazionale di Giustizia evidenziava come gravissime forme di sfruttamento commerciale si celassero dietro presunte attività scientifiche che per anni hanno permesso al Giappone di derogare alle norme internazionali e sterminare le balene. Fin dal 1994, infatti, anno di costituzione del Santuario delle balene dell'Antartico da parte della comunità internazionale, il Giappone ha ucciso migliaia di balene in nome della falsa scienza.
Quest'anno, per la prima volta dopo decenni di sterminio, il Giappone potrebbe effettuare una missione scientifica non-letale che dovrebbe comportare avvistamenti visivi e fotografici e acquisizione di tessuti di pelle con metodi non invasivi.
In realtà la sospensione di quest'anno delle attività di caccia alle balene sembra essere solo una missione di raccolta dati preliminare alla caccia in Antartico della stagione 2015-2016, che il Giappone avrebbe già pianificato di mettere in atto, prevedendo l'uccisione di 333 balenottere minori come parte di un piano di caccia alle balene previsto per i prossimi 12 anni.
Se il Giappone dovesse proseguire le attività di caccia alle balene nell'Antartico violerebbe il diritto internazionale riconosciuto, per cui ci auguriamo che il comitato scientifico della Commissione baleniera internazionale (IWC) che si riunirà negli Stati Uniti a maggio e a giugno, bocci il piano presentato dal Giappone, imponendo al paese del sol levante il rispetto della sentenza dell'Aja.
I tre quarti delle balene rimaste sul Pianeta si trovano nelle acque dell'Antartico e la caccia praticata dal Giappone impoverisce drammaticamente la popolazione del grande cetaceo, senza alcuna giustificazione, né scientifica, né commerciale, se consideriamo che le attività di caccia sono sostenute con finanziamenti pubblici, con milioni di sussidi versati ogni anno dal Governo giapponese all'industria baleniera a fronte di un inesistente mercato internazionale di carne di balena.