Delle galline allevate in Italia per la produzione di uova, sono ancora oltre 16 milioni quelle che trascorrono la propria intera vita rinchiuse in gabbia. Un sistema di allevamento che, come evidenziato dalla letteratura scientifica, non è in alcun modo in grado di garantire agli animali la possibilità di esprimere i comportamenti in linea con la propria etologia, con gravi ripercussioni negative sul loro benessere e sulla loro salute.
È quanto descritto e argomentato, sulla base di rigorose evidenze, dal Dossier LAV “La transizione possibile verso un’era senza gabbie: il caso delle galline ovaiole in Italia”, a cura di Lorenza Bianchi, responsabile LAV area Animali negli Allevamenti, pubblicato oggi e accompagnato da materialeche abbiamo raccolto in collaborazione con i reporter internazionali Aitor Garmendia e Linas Korta, nel Nord Italia.
Le galline allevate in gabbia non riescono a soddisfare le esigenze proprie della loro specie, come i bagni di polvere, il riposo al riparo su trespoli, il foraggiamento e l’esplorazione dell’ambiente; esse sono inoltre forzate ad interagire con le loro simili in ambienti ristretti e in condizioni di alta densità, senza adeguati arricchimenti ambientali e in condizioni di generale malessere, con conseguenze gravi sulla salute fisica, diventando facile bersaglio di malattie e infezioni, e psicologica, con effetti rilevanti su frustrazione e aggressività.
“Non solo la letteratura scientifica ha ormai acclarato che le gabbie non possono garantire agli animali le necessità di base, ma l’evidenza a sostegno del cambiamento arriva anche dal mercato - dichiara Lorenza Bianchi, dottore di ricerca in scienze economiche e responsabile LAV area Animali negli allevamenti - ormai da decenni i consumatori hanno iniziato a mostrare grande sensibilità sul tema degli allevamenti, e in numero sempre maggiore decidono di acquistare prodotti provenienti da sistemi di allevamento che garantiscano una migliore tutela degli animali, anche a fronte di un prezzo più alto, sia per motivi di salute e di sostenibilità ambientale, che per ragioni etiche e di sensibilità verso gli animali.”
Allevamento senza gabbie non vuol dire automaticamente benessere per gli animali. E il punto di arrivo per assicurare loro libertà, dignità e vita – come recita la nostra mission – non potrà che essere l’approdo a un’alimentazione vegetale e a un sistema produttivo senza sfruttamento animale.
Rinnoviamo il nostro appello a Governo e Ministro delle Politiche Agricole chiedendo che, anche con l’impiego di fondi pubblici, l’Italia dia seguito alla richiesta dei cittadini per la fine dell’era delle gabbie, prendendo una posizione netta e sostenendo la Commissione Europea, che si è già impegnata in questo senso.