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Covid e animali allevati per pellicce: oggi si celebra lo shopping fur-free

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Ultimo aggiornamento

giovedì 26 novembre 2020

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Anche noi di LAV aderiamo al Fur-Free Friday, un evento annuale, celebrato sin dal 1986 da organizzazioni e attivisti di tutto il mondo per sensibilizzare consumatori, aziende e anche le istituzioni, sullo sfruttamento degli animali per la produzione di pellicce.


Nel ricordare in questa giornata i milioni di animali che soffrono e muoiono ogni anno per la discutibile “moda” della pelliccia, diffondiamo i dati del declino di un mercato insostenibile, che sempre più consumatori ripudiano. 

Il settore “della pelliccia” registra sistematicamente un trend negativo delle vendite in tutti i canali distributivi (specialisti di pellicceria, negozi moda, grande distribuzione ed e-commerce) con un valore del consumo retail (in Italia) che è passato da 1,6 miliardi di euro nel 2006 a poco più di 800 milioni di euro nel 2018. Anche le pelli di visone hanno ormai perso valore: da 76,90 euro del 2013 a 25,02 euro del 2019 (in epoca pre-Covid).

Questo risultato è stato reso possibile da consumatori sempre più consapevoli delle condizioni di sfruttamento degli animali negli allevamenti intensivi per farne pellicce, e che hanno ormai da tempo fatto scelte di acquisto più responsabili, sostenibili e quindi, etiche.

Secondo il Rapporto Italia di Eurispes 2017 l’83% degli italiani sono contrari agli allevamenti “di pellicce” nel 2011, dato confermato con le successive rilevazioni del 2014, 85,5%, del 2015 con 90,7% e del 2016 con ancora un 86,3%.

Un cambiamento sociale che è stato fatto proprio da centinaia di aziende moda, lungimiranti e più attente all’impatto delle proprie produzioni, che, nel tempo, hanno raggiunto il traguardo di una definitiva scelta fur-free.

“L’elenco delle aziende moda fur-free potrebbe essere molto più lungo se non fosse per la ‘Irresponsabilità Sociale d’Impresa’ di tutte quelle aziende, anche italiane, che anche durante la pandemia di Covid continuano ad utilizzare pellicce animali alimentando una industria che, come da evidenze scientifiche, ha di fatto un ruolo attivo nella possibile ulteriore diffusione del coronavirus, date le infezioni dilaganti tra gli allevamenti europei di visoni” – dichiara Simone Pavesi, Responsabile LAV, Area Moda Animal Free.

COMUNICATO STAMPA