Il commercio di animali trova come via privilegiata di diffusione la Rete. Ai siti commerciali destinati appositamente alla vendita di animali si aggiungono siti di commercio e scambi tra privati, piattaforme di annunci, pagine Social a ciò destinate. Un mondo parallelo, a sé, che appare svincolato dalle regole vigenti in materia di commercio di animali e che presenta molti punti di fragilità e di rischio illegalità.
È quanto abbiamo indagato in una ricerca, tuttora in corso, il cui scopo è quello di supportare l’iter legislativo connesso al Regolamento Europeo 2016/429 relativo alle malattie animali-trasmissibili, evidenziando la fenomenologia del commercio di animali, legale e no, di individuare i fattori di rischio, i confini tra legalità e illegalità.
L’analisi ha riguardato: uccelli, mammiferi, rettili, anfibi, aracnidi, pesci, insetti, e crostacei. Animali vivi o, in alcuni casi, morti (imbalsamati) o parti di essi (ossa, pelli o pellicce) appartenenti alla fauna selvatica o esotica rientranti nell’applicazione della normativa sulla protezione della fauna selvatica, sul commercio di animali in via di estinzione (Cites), e sulla detenzione di animali pericolosi.
Gli annunci e post visionati superano i 2.000, riguardanti un numero minimo di 5000 animali. Tra questi annunci ne sono stati selezionati circa 800 relativi ad animali appartenenti a fauna esotica o selvatica, di cui la metà, 400 rispondevano ai criteri di ricerca, ovvero specie in CITES, appartenenti alla fauna selvatica, per un totale di oltre 1.000 animali.
Solo il 38% degli annunci (152) relativi ad animali in CITES o protetti fa riferimento all’esistenza di documentazione comprovante la regolarità del possesso, della vendita, o dell’allevamento,
mentre per gli altri 248 annunci, pari al 62%, non vi era nessun cenno alla documentazione.
Ovviamente il non menzionare l’esistenza della documentazione autorizzativa non indica di per sé l’illegalità del possesso e della vendita, perché non è un requisito richiesto per la pubblicazione degli annunci; d’altro canto, ciò non ne attesta la regolarità e la legalità, e questo, per specie protette o particolarmente protette, rappresenta un grosso problema per la trasparenza dell’operazione.
Ragguardevole il giro d’affari: per gli 800 annunci esaminati relativi alla vendita di fauna esotica o selvatica, calcolando il prezzo degli animali riportati, si arriva alla somma di 150.000 €.
Dei 400 annunci di animali sottoposti a tutela, 30, il 7,5%, menzionavano che si trattava di individui allevati in cattività.
Solo in pochissimi casi si tratta di allevamenti ufficiali, che hanno un sito, che sono riconosciuti, ma la maggior parte è ascrivibile ad allevamenti domestici, individuali, che non riportano certificazioni, cosa che legittima preoccupazioni sulla modalità di tenuta e allevamento degli animali.
IL NOSTRO APPELLO
Chiediamo ai Ministri della Salute Speranza, della Transizione Ecologica Cingolani e al Sottosegretario agli Affari Europei Amendola, di attuare questi criteri della Legge-delega, fissando entro la scadenza legislativa dell’8 maggio prossimo:
1) il divieto di importazione, detenzione, utilizzo e commercio di animali appartenenti a specie selvatiche ed esotiche nonché di prodotti da essi derivati con pena della reclusione e contestuale multa per coloro che vi contravvengano o che prelevino in natura, importino, esportino, detengano o utilizzino animali di specie protette
2) il divieto per i detentori di animali esotici e selvatici già acquisiti di farli riprodurre, l’istituzione di un registro nazionale al quale gli animali e i detentori devono essere iscritti e l’obbligo di custodirli nel rispetto delle loro caratteristiche etologiche.
3) pene più efficaci contro il commercio delle specie protette
4) il divieto di vendita di animali, anche domestici, on-line e nei negozi
5) il divieto di attività ambulanti, fiere e ogni altra forma di esibizione o spettacolo che coinvolgano animali, norme più efficaci contro il traffico dei cuccioli, la verifica della destinazione degli animali invenduti.