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Danimarca: una tassa sugli animali allevati per contrastare la crisi climatica

Una misura di mitigazione delle emissioni derivanti dalla zootecnia.

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venerdì 28 giugno 2024

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Esempio di lungimiranza in uno tra primi Paesi esportatori di maiali in Europa

È la prima volta che succede: un Paese ha deciso di imporre una tassa sugli animali allevati, in particolare mucche e maiali, come misura di mitigazione del cambiamento climatico dovuto alle emissioni derivanti proprio dalla zootecnia.

Secondo la FAO, i sistemi alimentari contribuiscono per oltre un terzo delle emissioni climalteranti, e al loro interno il posto primario lo occupa l'allevamento di animali che contribuisce per circa il 70% di queste emissioni.

La comunità scientifica, in primis l'IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change), ha evidenziato da tempo l'impatto e proposto misure di policy per contrastare questo fenomeno distruttivo i cui effetti di siccità, alluvioni, perdita di biodiversità e distruzione di ecosistemi sono sotto gli occhi di tutti e avranno effetti sempre più deleteri nel medio-lungo termine, anche in termini di perdita di vite umane e migrazioni di massa. Secondo la World Bank entro il 2050 almeno 216 milioni di persone saranno costrette a migrare a causa delle conseguenze del cambiamento climatico.

E finalmente, con grave ritardo, questo impatto sta ottenendo il dovuto riconoscimento all'interno delle conferenze globali sul clima (a partire dalla COP 28 di Dubai).

Tra le misure di mitigazione, la necessaria e urgente riduzione dei consumi di prodotti alimentari di origine animali, e al contempo la riduzione di tali produzioni a partire dal numero di animali allevati.

La letteratura economica si occupa da tempo del problema e quello della tassazione come leva per modificare l'assetto del mercato è un tema ampiamente studiato, che ha dei precedenti in caso come la sugar tax attiva nel Regno Unito per disincentivare l'abuso di consumo di bevande zuccherate, o la fat tax che era stata approvata proprio in Danimarca per motivi sanitari.

In questo caso, si parla di fatto di una carbon tax, una tassa sulle emissioni, che mira a internalizzare il costo climatico derivante dall'allevamento di mucche e maiali. La decisione è fortemente simbolica anche perché arriva dal terzo Paese esportatore di maiali in Europa, anche grande esportatore di prodotti derivanti dall'industria del latte (di cui i 2/3 vengono esportati).

A dimostrazione della lungimiranza delle politiche ambientali e climatiche del Paese, anche la proposta di un piano d'azione per la diffusione degli alimenti vegetali che la Danimarca aveva presentato a fine 2023.

MA QUINDI QUAL È LA MORALE?

La morale è che politiche lungimiranti per la preservazione dell'ambiente e la mitigazione del cambiamento climatico non possono prescindere da politiche alimentari e agricole che devono necessariamente prevedere la trasformazione del sistema alimentare, coinvolgendo domanda e offerta con apposite misure di supporto alla transizione.

La contrapposizione tra tutela dell'ambiente e in particolare degli animali e gi impatti sulla società e sull'economia è una narrazione che sta finalmente iniziando a sgretolarsi.

In Europa la PAC elargisce centinaia di miliardi al settore agricolo (solo in Italia oltre 35 miliardi dal 2023 al 2027), senza in alcun modo favorire la transizione verso un modello produttivo diverso. Ed invece le risorse ci sono, sia a livello europeo che a livello nazionale, per poter incidere sul modello di produzione di cibo, scardinando la struttura basata sullo sfruttamento di animali e stanziando fondi per favorire i meccanismi dell'evoluzione di questo sistema, che è sotto scacco dei danni cui esso stesso contribuisce.

I proventi delle tasse danesi sugli animali andranno proprio a finanziare attività di riconversione del settore verso la transizione verde.

Un esempio di lungimiranza, che mostra che ciò che veramente manca, in Europa, e in Italia senz'altro, è fino ad oggi la volontà politica di affrontare in modo serio ed efficace una crisi destinata a durare.