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Cronaca di una morte che doveva essere evitata

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Ultimo aggiornamento

mercoledì 11 settembre 2013

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L’agonia del cane morto soffocato a San Basilio a Roma ha fatto il giro del web e ha lasciato sgomenti decine di residenti che hanno assistito allo strazio e migliaia di utenti.
Una fine atroce che poteva e doveva essere evitata, quella del molossoide, che, usato come arma impropria da due romeni che lo hanno scagliato contro i poliziotti, sbagliando “bersaglio”, ha aggredito una passante ed è stato legato dagli agenti a un’inferriata in attesa dell’intervento di un medico veterinario che non c’è mai stato. Sarebbero trascorse due ore da quando gli agenti delle volanti ne avrebbero chiesto l’intervento. 

Così è morto, pagando un addestramento all’odio da parte dei padroni e un mancato intervento che deve essere garantito per legge: i servizi veterinari delle ASL devono avere reperibilità anche notturna e festiva e sono obbligati a intervenire in situazioni che mettono a repentaglio l’incolumità e la sicurezza pubblica, così come obbligato a intervenire era il veterinario convenzionato con il Comune di Roma che avrebbe dovuto sedarlo in attesa del personale addetto alla cattura.

Una serie di omissioni queste che non possono trovare alcuna giustificazione e su cui sta indagando la magistratura. Quel cane era già una vittima, perché era chiaramente ‘utilizzato’ dai suoi proprietari come un’arma impropria per commettere delitti, ed al momento dell’arresto dei suoi padroni lo è stato doppiamente, fino alla sua morte atroce arrivata dopo una lenta agonia.

Anche il nostro Ufficio Legale è già al lavoro affinché siano accertate e punite le responsabilità, nonostante la consapevolezza di come, nelle situazioni in cui sono coinvolte Forze dell’Ordine e Servizi Veterinari pubblici, non sempre la giustizia sia assicurata, in particolare perché si vengono a creare condotte colpose che purtroppo ad oggi non trovano previsione nel nostro Codice penale.

Basti pensare al caso di Alì, il cane ucciso a Firenze da un carabiniere con un arma da fuoco, e quello di Sebastiano, cane di quartiere deceduto a L’Aquila a seguito di una cattura violenta i cui responsabili, nonostante la nostra costituzione di parte civile, sono rimasti impuniti.

Ce la metteremo davvero tutta affinché su questa straziante morte non cali il silenzio.

L’indignazione di tutti però vale anche più di una condanna, poiche dove non arriva la giustizia, può arrivare la coscienza dei cittadini.

Ma questo terribile episodio apre il sipario anche sulle capacità d’intervento e sulle modalità operative di chi dovrebbe garantire il soccorso: non sempre i veterinari pubblici sono formati e preparati per affrontare simili situazioni e non sempre ci sono chiari protocolli per la loro gestione. E solo colmando queste carenze possono essere evitate altre morti cruente.

Ilaria Innocenti, responsabile LAV Cani e gatti