La caccia e le attività ad essa correlate, oltre a comportare l’uccisione di milioni di animali, nascondono gravissimi rischi sanitari, che dovrebbero comportarne l’immediata sospensione.
Infatti, le “prassi venatorie” che riguardano la gestione dei corpi degli animali uccisi nelle battute di caccia, prevedono, in particolare per gli ungulati, l’eviscerazione e il dissanguamento degli animali sul posto dell’uccisione, ma anche – in molti casi - la gestione “teatrale” delle prede, che ha il proprio culmine nell’esibizione pubblica dei corpi degli animali uccisi, ad esempio legati sul cofano dell’automobile del cacciatore, mentre questi esegue una “parata” nel centro del paese. Successivamente i cacciatori provvedono alla lavorazione della carcassa. In queste occasioni, decine di persone entrano in contatto con liquidi organici e interiora di animali selvatici, che non sono stati sottoposti ad alcun controllo sanitario.
Nel 2016 i risultati di uno studio effettuato dall’Istituto Zooprofilattico delle Venezie[1], hanno evidenziato che gli ungulati sono portatori di numerosi agenti patogeni che possono dare origine a diverse zoonosi (Mycobacterium bovis, Brucella, Salmonella, Trichinella). Se poi aggiungiamo che per questi agenti la definizione di un caso sospetto è possibile solo a fronte di esami di laboratorio, è evidente come, alla luce di questi presupposti, il nostro Paese si configuri come un immenso Wet Market legato alle prassi venatorie che prevedono il contatto diretto delle persone con gli animali selvatici e i loro liquidi organici, dal quale possono derivare pericolose zoonosi dagli esiti imprevedibili.
“Con l’emergenza Covid ancora in corso non possiamo accettare di correre un rischio di questa portata, che potrebbe generare la diffusione di ulteriori nuove patologie – dichiara Massimo Vitturi, responsabile LAV, Area Animali Selvatici – abbiamo quindi scritto ai Ministri della Salute e dell’Ambiente, chiedendo loro un intervento urgente per sospendere da subito ogni uccisione di animali selvatici su tutto il territorio nazionale.”
È addirittura lo stesso Regolamento UE 1069/2009 recante “norme sanitarie relative ai sottoprodotti di origine animale e ai prodotti derivati non destinati al consumo umano”, a precisare che intestini e altre parti degli animali possono essere lasciate sul terreno, prevedendo così che ogni anno tonnellate di interiora vengano abbandonate all’aperto, diventando una fonte di cibo per altri animali che poi a loro volta vengono uccisi e manipolati dai cacciatori, trasformandosi così in possibili vettori di patologie, ovvero potendo favorire il salto di specie, ad esempio da volpi, corvidi e altri predatori.
“E’ evidente che in queste condizioni non è neppure pensabile l’avvio della caccia di selezione e della prossima stagione venatoria – conclude la LAV – non possiamo correre il rischio che si diffondano nuove malattie, solamente per assecondare il sanguinario passatempo dei cacciatori!”
[1] Malattie trasmissibili degli ungulati selvatici nell’Arco Alpino Orientale: prioritizzazione e strategie di sorveglianza e controllo. IZS VE 08/12 RC