Cosa vuole che sia, Luciana Litizzetto, l’aver portato per qualche minuto su un carretto con tanto di erba finta, sotto i riflettori e per di più fra gli applausi, un maialino in trasmissione.
Cosa che vuole che sia, rispetto ai 13 milioni di suini uccisi ogni anno solo in Italia, 35.616 al giorno compresa anche la domenica di “Che tempo che fa”, 75 macellati nei tre minuti tre di esposizione dell’animale alla risatina italiota che lei e i suoi autori hanno offerto l’altra sera.
Cosa vuole che sia, tanto più che lei lo ha fatto uscire dandolo alla signora svedese “che ha la faccia da vegetariana”.
Cosa vuole che sia, la RAI avrà pagato l’affitto dell’animale a qualche fornitore con i miei soldi di abbonato per legge, avrà pagato anche la presenza di un veterinario fra le quinte che sicuramente avrà certificato l’assenza di maltrattamento “così gli animalisti non potranno rompere”. Poi l’avranno riportato al suo destino di diventare, più ancora di domenica, un prodotto. Da consumare.
Cosa vuole che sia, Luciana Litizzetto, per lei che amplifica tante battaglie umane, aver voluto deridere un essere vivente, perché ha la colpa di incarnare la colpa di un sistema elettorale bocciato dalla Corte Costituzionale, nominato così, peraltro, da un deputato noto per il suo zoo privato e per l’esaltazione della caccia.
I dati Auditel avranno mostrato a lei e a Fabio Fazio (che con il successo ha dimenticato il suo cane per il quale ha scritto delle belle pagine) se in termini quantitativi d’ascolto, la presenza del maialino ha fatto il “picco” come si dice in gergo. Chissà che soddisfazione. Noi invece vorremmo capire se l’immobilismo del maialino era dato dalla reazione di stress e paura o a causa di qualche sostanza. A cosa fosse dovuto quel comportamento innaturale così palese a tutti, non accettabile tanto quanto la scelta di fare audience con un animale vivo in studio.
Il maialino scuro, lei ha detto in trasmissione, era “incazzato nero”. Non solo lui.
Gianluca Felicetti, Presidente LAV