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Controlli negli allevamenti UE ancora insufficienti: l’Italia tra le peggiori

Negli allevamenti gli animali devono essere visitati regolarmente da un veterinario, ma in tutta Europa tali visite disattendono le aspettative e restano inadeguate.

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Ultimo aggiornamento

venerdì 21 ottobre 2022

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In Italia i controlli avvengono a campione e in modo sporadico

Ciò è quanto emerge dallo stato dell'arte sulle visite di sanità animale negli Stati Membri, effettuato dalla Federazione dei Veterinari Europei (FVE), che ha reputato i controlli affatto ottimali.

Per questo motivo la FVE ha invitato la Commissione Europea a intervenire per evitare di proseguire in una applicazione insufficiente del regolamento CE 2016/429, anche al fine di armonizzare a livello comunitario una disciplina ancora incoerente. Proprio nel preambolo del Regolamento si legge che “la sanità animale e il benessere degli animali sono interconnessi: una migliore sanità animale favorisce un maggior benessere degli animali, e viceversa”.

La valutazione della FVE si basa sul modello di “visite di sanità animale” dedotto dal citato regolamento e prende in considerazione, in particolare l’art. 25, in base al quale è stato stabilito un ranking, suddiviso in quattro categorie decrescenti: verde, giallo, arancione e rosso.

Ciò che emerge è comunque che in nessuno stato membro queste visite sono effettuate in modo adeguato. Molti Paesi, anche se in categoria verde, si limitano a visitare solo alcuni animali, senza coprire tutti gli operatori in attività, o valutando solo alcuni aspetti rilevanti durante i controlli, con importanti ripercussioni negative sulle condizioni degli animali coinvolti.

Dall’analisi emerge una situazione simile anche nel caso dell’Italia, dove i controlli avvengono a campione e in modo sporadico. Attualmente sono, infatti, i veterinari regionali impiegati dalle ASL ad effettuare, per conto dei servizi nazionali, le visite in allevamento per la prevenzione e il controllo delle malattie infettive, la profilassi e l'eradicazione, la sicurezza dei mangimi, l'uso responsabile dei medicinali veterinari e il benessere degli animali secondo i piani nazionali di sorveglianza. I professionisti privati vengono, invece, coinvolti dagli allevatori su base volontaria per programmi di salute degli animali allevati, per la prescrizione di farmaci e l'uso responsabile di antibiotici e per la consulenza in materia di benessere animale e biosicurezza.

L’Italia è l’ultima della categoria arancione e ciò appare ancora più grave se si tiene conto della riforma costituzionale di febbraio: con l’integrazione dell'articolo 9 della Costituzione, la tutela degli animali è diventata uno dei principi fondamentali della Repubblica. L’applicazione delle leggi a tutela degli animali è un atto dovuto, oggi ancora di più.
Nel nostro ordinamento, le "visite di sanità animale" sono recepite dal Decreto Legislativo 136/2022 (Decreto Prevenzione) e, a 24 mesi dalla sua entrata in vigore, dovranno essere definite da un decreto del ministero della Salute, previo parere della conferenza delle Regioni, le modalità operative e le frequenze minime delle visite "sulla base del rischio".

Nelle situazioni in cui LAV interviene, spesso è manifesta la insussistenza dei controlli allo stato attuale. Sono, infatti, denunciate di frequente situazioni in cui le normative non vengono affatto rispettate e gli animali negli allevamenti versano in condizioni terribili, configurandosi non di rado il reato di maltrattamento.

Casi così non sono isolati, perché il consumo di proteine animali è aumentato vertiginosamente negli anni e ha portato ad una produzione intensiva per rispondere alla domanda crescente dei consumatori. Questo modello di produzione e consumo alimentare è tra le principali cause della situazione di insicurezza alimentare in cui siamo oggi e i recenti casi di decesso per listeria, il batterio trovato prima nella carne e poi anche nei latticini, non fanno altro che confermare l’insostenibilità del sistema alimentare attuale. Questi episodi, infatti, non sono eccezionali, ma costituiscono una prevedibile conseguenza delle condizioni in cui sono allevati gli animali che finiscono nei piatti dei consumatori. Benché l’industria zootecnica anche in questi casi si affretti a dire che i prodotti sono controllati, la FVE ha, di fatto, analizzato che così non è.

L’insicurezza alimentare sta nel consumo di carne in sé, ed è ipocrita parlare di lotti incriminati, perché sono gli animali ad essere malati. Appare evidente l’impellente necessità di investire sulla transizione alimentare e per questo la LAV, che conosce bene il costo nascosto della carne, è impegnata da tempo in proposte normative in ottica di transizione verso un’alimentazione plant based.

È proprio in considerazione di ciò, oltre che dell’impatto che gli allevamenti hanno in termini di salute pubblica, anche alla luce delle recenti epidemie, che è fondamentale che i controlli siano approfonditi e completi. Associazioni, segnalanti e volontari sul territorio non possono essere le uniche sentinelle a tutela degli animali coinvolti nelle filiere produttive.

Per questo stiamo lavorando affinché la revisione della normativa europea per la tutela degli animali allevati sia ambiziosa e continueremo a chiedere al governo e al ministro della salute di fare la loro parte, affinché i controlli siano approfonditi e vengano effettuati regolarmente in tutti gli allevamenti.