Un autorevole studio, pubblicato di recente sulla rivista Nature, dimostra che se si riportassero allo status originario i terreni oggi usati per la zootecnia - con la sua enorme impronta ecologica destinata a crescere sensibilmente nei prossimi decenni [1] - si otterrebbero benefici notevoli in termini di contrasto ai cambiamenti climatici e non solo.
Le scelte alimentari attuali, spiegano i ricercatori, comportano enormi costi ambientali, anche relativi alla maggior quantità di emissioni di CO2 che sarebbero assorbite esistessero ancora, o si ricreassero, gli ecosistemi originari, ricchi di alberi e piante che assorbono anidride carbonica.
Il ripristino degli ecosistemi farebbe la differenza ma come fare?
Gli studiosi della New York University, autori della ricerca in questione, dopo aver analizzato 3 scenari di produzione alimentare globale al 2050, sono giunti ad una conclusione: il passaggio ad un’alimentazione 100% vegetale contribuirebbe con decisione al calo delle emissioni di CO2 [2].
Ancora una volta l’orientamento verso le proteine vegetali per motivi di salvaguardia del Pianeta, già suggerito da prestigiosi organismi internazionali, come l’IPCC e il WRI, risulta essere una strategia premiante che avalla la politica di cambiamento alimentare che noi di LAV portiamo avanti da anni.
Agire individualmente a tavola e collettivamente nelle pressioni sui decisori istituzionali è il nostro mantra: non ci stancheremo mai di ripeterlo, tanto più ora che i fatti (e gli studi) ci danno ragione.
Paola Segurini, Area Scelta Veg | Roberto Bennati, Direttore Generale LAV
[1] Le foreste assorbono naturalmente l’anidride carbonica: grazie a questo fenomeno, per decenni le emissioni di CO2 causate da attività umane non hanno determinato conseguenze in termini di cambiamento climatico. Con l’aumento, tra il 2010 e il 2050, del 70% del consumo globale di carne e latticini e dell’80°% della sola di carne bovina, (dati WRI) e i conseguenti cambio d’uso del suolo e deforestazione, si rende tuttavia urgente correre ai ripari e valorizzare ancora di più il ruolo delle piante nel contrasto di catastrofiche previsioni ambientali.
[2] Continuando con l’alimentazione comune oggi le piante assorbirebbero infatti solo 86 giga tonnellate di C02, con una diminuzione del 70% del consumo di carne salirebbero a 332 mentre la scelta vegan comporterebbe l’assorbimento di 547 giga tonnellate di CO2, una quantità equivalente a 9-16 anni di emissioni fossili, che fornirebbe il 66% delle probabilità di limitare l’innalzamento della temperatura a 1,5 gradi, come fissato dall’Accordo di Parigi sul clima.