“Ci riserviamo di adire eventualmente le vie legali per far luce sull’accaduto e dare giustizia all’ennesima vittima innocente degli egoistici interessi umani”, dichiara Helga Vincenti, responsabile della sede padovana della LAV. Si chiamava NIRANO DTS, trotter di 6 anni, 52 corse in carriera, morto venerdì all’ippodromo Breda di Ponte di Brenta (Padova) durante la corsa Montagna per cavalli indigeni di 5 anni e oltre.
Il reale svolgimento dei fatti, ad oggi, appare confuso e caotico. Secondo gli articoli apparsi sui giornali locali il giorno successivo, infatti, sarebbe stato un colpo di pistola ad uccidere Nirano Dts, coinvolto in un incidente alla partenza e fratturatosi ad una zampa così gravemente da dover essere subito abbattuto. Oggi, invece, appaiono dichiarazioni di rettifica, in contrasto con le precedente versione, e che deporrebbero per un abbattimento per via eutanasica.
“Nell’ipotesi in cui sia accaduto davvero che l’animale sia stato abbattuto con un colpo di pistola, la notizia sarebbe talmente scioccante che si stenterebbe a credere ad un fatto così grave e al di fuori di qualsiasi ragione e logica, come l’uccisione di un animale con un’arma da fuoco, in mezzo alla pista di un ippodromo e alla presenza del pubblico” – dichiara Nadia Zurlo, responsabile nazionale del settore Equidi LAV. “Chiunque fosse corresponsabile in un fatto così esecrabile, dovrebbe fare i conti con la giustizia, anche se, comunque si siano svolti realmente i fatti, niente potrà riportare in vita il povero Nirano Dts, ennesima vittima di uno “sport” ormai in pieno declino, mantenuto forzosamente in piedi anche con i soldi dei contribuenti e con il meccanismo delle scommesse sportive”.
Come nel resto del comparto ippico, anche all’ippodromo Breda, conosciuto come “Le Padovanelle”, l’aria di crisi di questo settore, ormai agonizzante, si respirava da almeno l’inizio del 2012. “Abbiamo iniziato ad interessarci alla questione, auspicando finalmente in una chiusura definitiva dell’Ippodromo, luogo di sofferenza e sfruttamento, dall’estate dello scorso anno” – continua Helga Vincenti – “quando i proprietari degli ultimi cavalli ancora presenti nelle scuderie, lamentavano il rischio che i loro animali rimanessero senza acqua a causa dell’interruzione dell’erogazione delle utenze. Era un’occasione per chiudere definitivamente le porte ad un passato poco degno di una città che vanta sensibilità nei confronti degli animali, destinando l’area ad altri usi più civili”. Tuttavia, grazie anche all’interessamento e al sostegno ricevuto dall’allora sindaco di Padova Zanonato e dall’assessore Luisa Boldrin, già nota per altre iniziative infelici che vedono come vittime i cavalli (vedi Polizia a cavallo e l’annunciato concorso ippico in Prato), è stato riportato in auge, con la ripresa a pieno regime delle attività da ottobre.
“Questa tragedia testimonia che l’ippica espone i cavalli a rischio di incidenti, talvolta gravi e mortali, sia in fase di allenamento che durante le gare, anche se non suscitano clamore al punto da finire sui giornali e finiscono nel dimenticatoio nell’indifferenza generale”, conclude Nadia Zurlo.
La LAV di Padova invita chi era presente a contattarli per aiutare a fare chiarezza sui fatti.