Approfondisci la tua conoscenza della carne coltivata, su quanto nutre, sul risparmio di vite animali, sulle emissioni, su come contrasterà il diffondersi di zoonosi e sul costo e poi tutti i falsi miti che la circondano!
Secondo uno studio di gennaio 2023, reso pubblico da Gaia.Be e Good Food Institute, la carne coltivata è quasi tre volte più efficiente nel trasformare i raccolti in carne rispetto al pollo, l'animale allevato ad oggi più efficiente, riducendo di conseguenza anche l’uso di terreni agricoli.
Ad oggi, in
Italia, circa il
98% dei polli allevati per la loro carne è della razza broiler,
appositamente selezionata e modificata geneticamente negli anni per sviluppare
enormemente e in tempi record le parti del corpo più richieste dal mercato.
I ricercatori dello studio hanno inoltre concluso che la carne da agricoltura cellulare ha il potenziale per essere una fonte sostenibile di proteine animali. L'utilizzo del suolo richiesto per la produzione di carne colturale è significativamente inferiore a quello di tutte le carni convenzionali, grazie alla conversione più efficiente delle colture in carne. Sostituire nella propria alimentazione la carne da macellazione con la cultivated meat significa anche liberare terreno, oltre che risparmiare da sofferenza e morte milioni di animali, ad oggi destinato agli allevamenti intensivi e alle colture necessarie per i mangimi. Questi terreni potrebbero essere utilizzati per mitigare i cambiamenti climatici, sostenere la biodiversità o fornire altri benefici sociali e ambientali.
La produzione di carne coltivata inizia infatti con un prelievo di cellule da un animale vivo e in buona salute. Il prelievo cellulare, ha dichiarato il Dr. Biressi, durante l’evento di lunedì 8 maggio organizzato da LAV nell’ambito del Festival della Sostenibilità di ASviS, in alcuni casi può limitarsi a un semplice prelievo di sangue. Una grande differenza dalla costante sofferenza che i milioni di animali detenuti negli allevamenti sono costretti a sopportare quotidianamente, fino alla loro morte, anch’essa spesso non definibile come indolore. Un recente articolo di Sentient Media, riporta che, per l'estrazione di cellule dal tessuto muscolare e cutaneo di un animale vivo, si può anche ricorrere all'anestesia locale per eliminare il disagio momentaneo che l'animale può provare, inoltre la parte del corpo dell'animale da cui vengono prelevate le cellule dipende dal tipo di carne prodotta. Nei polli, le cellule potrebbero essere estratte anche da un uovo o da una piuma. Certamente sarà necessario stabilire una normativa concernente il trattamento degli animali impiegati nella produzione di carne colturale, ma appare evidente l’enorme miglioria delle loro condizioni e il numero di individui che dovranno essere tenuti in cattività.
La carne coltivata, è prodotta in bioreattori, impianti che richiedono porzioni
di suolo nettamente inferiori a quelle degli allevamenti, e ha la necessità di
impiegare nel processo solo pochi individui.
Gli studi LCA condotti fino ad oggi indicano che la carne da agricoltura cellulare ha il potenziale per avere un'impronta di carbonio, un uso del suolo, un uso dell'acqua ed effetti di eutrofizzazione marina inferiori rispetto alla maggior parte delle carni derivanti da macellazione (Tuomisto e Teixeira de Mattos 2011; Tuomisto et al. 2014, 2022; Mattick et al. 2015). Nello studio “Ex‑ante life cycle assessment of commercial‑scale cultivated meat production in 2030” di Sinke, Swartz, Sanctorum, Van der Giesen e Odegard si evidenzia che l’impatto ambientale della carne coltivata è sensibile alla scelta del mix energetico di cui ci si approvvigiona. Facendo dunque una media delle due stime più conservatrici e più ambiziose riportate dallo studio, si può ipotizzare che la produzione di carne coltivata possa generare circa 8,5 kg CO2eq. per ogni chilo prodotto.
Per confronto, in Italia attualmente, nella ricerca commissionata da LAV a Demetra , si è stimato che la produzione di carne emette le seguenti quantità di CO2eq:
Bovino (Bistecca) 1kg = 30 kg CO2 eq.
Maiale (Salsiccia) 1 kg = 11,9 kg CO2 eq.
Pollo (Petto) 1 kg = 9,4 kg CO2 eq.
Il rischio che si sviluppino o trasmettano malattie zoonotiche è presente sia nel processo produttivo della carne da macellazione, che in quello della carne coltivata.
Tuttavia, nel documento rilasciato da FAO a marzo 2023, intitolato “Food Safety Aspects of Cell-Based Foods”, si afferma che per quanto riguarda la carne coltivata le probabilità sono notevolmente inferiori rispetto all'allevamento convenzionale.
Negli allevamenti, gli animali sono infatti costretti a convivere le loro brevi vite in spazi ridotti, spesso in condizione di sovraffollamento: situazione che può facilmente essere la causa di malattie zoonotiche, come già LAV ha spiegato.
Nel 2022 anche Istituto Zooprofilattico delle Venezie si era espresso al riguardo, precisando che “data l’elevata frequenza con cui i virus vanno incontro a fenomeni di mutazione, c’è la concreta possibilità che da un serbatoio animale possa originare un nuovo virus per il quale la popolazione umana risulta suscettibile dando modo alla malattia di estendersi a livello globale, provocando quindi una pandemia.”.
I fattori di crescita sono attualmente l'ingrediente più costoso nel sistema di produzione della carne coltivata, ma diversi studi hanno dimostrato progressi sostanziali nella riduzione dei loro costi. Ad esempio, lo studio “State of the Industry Report|Cultivated meat and seafood” finanziato da Good Food Industry e New Harvest ha dimostrato l’efficacia di un metodo per produrre e purificare i fattori di crescita a basso costo.
Inoltre, il passaggio dall’utilizzo di un brodo di coltura animale a un brodo di coltura vegetale (cambiamento di cui LAV ha già parlato), permetterebbe un ulteriore riduzione dei costi, oltre che la produzione di alimentati da agricoltura cellulare completamente etici e sostenibili.
Negli ultimi dieci anni, si è già testimoniata una netta e verticale riduzione dei costi di produzione della carne coltivata, difatti nel 2013, anno in cui il pioniere dell’agricoltura cellulare, Mark Post, ha prodotto il primo hamburger coltivato, il costo si attestava attorno ai 300.000 dollari. Da allora, il prezzo è sceso di 6.000 volte e ora si aggira intorno ai 50 dollari a porzione. È possibile, dunque, aspettarsi un’ulteriore riduzione dei costi nei prossimi anni, anche grazie alla continua ricerca.