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Brescia, cinghiali uccisi illegalmente. LAV parte civile contro Provincia

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Ultimo aggiornamento

mercoledì 14 ottobre 2020

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LAV ammessa parte civile nel procedimento contro ex dirigenti della struttura caccia dell’UTR di Brescia e alcuni ufficiali della Polizia Provinciale. Per anni la Provincia di Brescia, con il pretesto di tenere sotto controllo il numero dei cinghiali, ha consentito ai cacciatori di ucciderne a migliaia al di fuori della stagione venatoria, attraverso operazioni autorizzate senza rispettare le disposizioni della Legge-quadro nazionale, legalizzando ciò che sul resto del territorio nazionale è considerato bracconaggio. È quanto è stato dimostrato dalle approfondite indagini svolte dai Carabinieri Forestali, che hanno consentito alla Procura di rinviare a giudizio otto indagati.

Le attività di “controllo faunistico”, attualmente al centro del procedimento, sono consentite dalla Legge nazionale a protezione della fauna selvatica, a patto però che vengano rispettati precisi vincoli: 
• prima di concedere l’uccisione degli animali, deve essere verificata l’inefficacia dei metodi non cruenti; 
• per poter dare il via alle uccisioni deve essere stato acquisito il parere dell’ISPRA circa l’inefficacia dei metodi non cruenti; 
• il controllo faunistico deve essere esercitato esclusivamente da pubblici ufficiali in maniera selettiva.

Questi vincoli sarebbero stati violati dall’Amministrazione provinciale bresciana, la quale ha predisposto piani di controllo dei cinghiali in assenza dei presupposti e arrivando addirittura a regalare gli animali uccisi ai cacciatori, a titolo di “rimborso spese”, configurando così un possibile danno erariale. 

Il procedimento giudiziario in corso a Brescia mira ad accertare se i funzionari abbiano operato senza alcuno scrupolo, incuranti del fatto che le loro azioni avrebbero comportato l’uccisione di migliaia di animali in violazione delle tutele previste ed utilizzati dai cacciatori per il proprio esclusivo divertimento e consumo.

Se così fosse, e siamo determinati a fare chiarezza si tratterebbe di una violazione gravissima da parte di rappresentanti delle istituzioni, e che potrebbe persino comportare il riconoscimento del danno erariale, come già avvenuto in un analogo caso in Provincia di Bolzano, riguardante l’abbattimento di marmotte, con gli amministratori condannati a versare quasi un milione di euro nelle casse dello Stato.