Una vera emergenza, tanto grave quanto sconosciuta: il bracconaggio ittico nelle acque interne. Si tratta di un fenomeno sempre più esteso e che crea allarme e preoccupazione. In alcune regioni del Nord i fiumi, grandi e piccoli, sono saccheggiati da bande di predatori umani: pescatori di frodo, quasi tutti stranieri dell’Est Europa, che dispongono di mezzi, barche potenti, furgoni-frigo, reti lunghe centinaia di metri, che occupano le sponde fluviali con ricoveri di fortuna e con bivacchi che deturpano il paesaggio, e che usano, spesso, intimidazioni e minacce nei riguardi degli addetti ai controlli. Gli accampamenti, fatti di tende e furgoni con targa ungherese o rumena, compaiono lungo le sponde, lasciando poi rifiuti di ogni sorta: scarti di alimenti, cavi, bottiglie, batterie di vecchi veicoli usate per la pesca illegale.
Le organizzazioni di bracconieri, provenienti perlopiù da Romania, Ungheria, Albania e Moldavia, si dividono aree e canali con logiche delinquenziali. Generando un giro di affari illeciti da 20mila euro a settimana. “Guadagniamo 4 o 5mila euro al mese. Spendiamo tutto in Italia. Penso sia una buona cosa per lo Stato italiano, penso che non sia poi così malvagico”. “Malvagico”, proprio così un pescatore di frodo alle telecamere di una trasmissione televisiva. Pescatori “paramilitari” senza scrupoli che fanno uso di elettrostorditori che nascondo lungo le rive, stordiscono il pesce e poi lo recuperano. È stato segnalato anche l’uso di sostanze chimiche.
La pirateria fluviale si accompagna ai furti di barche e motori, in forte aumento. Solo nel Mantovano le indagini hanno portato alla luce almeno 8 bande. Un esercito di almeno 400 pescatori di frodo, ben organizzati e strutturati: nulla è lasciato al caso. Secondo alcune fonti delle Forze dell’Ordine, sono strutturati in modo gerarchico, per zone, con centinaia di “addetti” che agiscono in due squadre, e di notte: una si porta le reti, la barca e un impianto elettrico con cui propagano la scossa in acqua, e l’altra si occupa di portare via il pesce dopo averlo sfilettato e congelato sommariamente.
Questi bracconieri dei fiumi uccidono, macellano e rivendono il pesce senza alcuna precauzione o controllo igienico-sanitario, con gli ovvi rischi conseguenti. Il pescato, prelevato da acque non sempre limpide - per usare un eufemismo -, è composto da siluri, carpe, lucioperca e anguille; viene caricato su furgoni in contenitori di plastica posti in congelatori improvvisati, ma a volte manca qualsiasi forma di refrigerazione. Gli autisti prendono la strada verso la Romania: un viaggio di molte ore che, soprattutto in estate, mette in pericolo la qualità del pesce. Gli investigatori ne hanno seguito le tracce e hanno scoperto che i furgoni puntano sulla Germania, più rapida da raggiungere e altrettanto florida per la vendita; ma a volte sono diretti anche verso mercati italiani.
Oltre alle violazioni in materia di pesca vi sono violazione alle norme sanitarie, evasione fiscale, scarico abusivo di liquami, abusi edilizi, furti. Per non parlare del danno ambientale: l’università di Ferrara ha accertato in 8 importanti canali la diminuzione del 30% delle due principali specie ittiche (Siluro e Carpa).
Per quanto riguarda le sanzioni amministrative che vengono contestate, va sottolineato che l’importo elevato non funge assolutamente da deterrente, perché le sanzioni vengono pagate raramente, poiché i trasgressori sono spesso stranieri che restano in Italia per periodi limitati, o risultano nullatenenti. Risulta, pertanto, necessaria la modifica delle attuali disposizioni relative alla pesca di frodo sia nelle acque esterne che interne, prevedendo appositi delitti e costituendo una banca dati disponibile a tutti gli organi addetti alla vigilanza.
Ciro Troiano
Criminologo, responsabile Osservatorio zoomafia LAV