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Bird strike: è possibile prevenire lo scontro fra velivoli e uccelli?

Dopo il tragico incidente dello scorso sabato, che ha coinvolto un aereo delle Frecce Tricolori, si sta parlando molto di bird strike. Affrontiamo il tema con Fabio Masci, ex-pilota dell’Aeronautica Militare e fondatore di The Edge Company.

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Ultimo aggiornamento

giovedì 21 settembre 2023

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Animali selvatici

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In Italia il bird strike si previene ancora attraverso metodi cruenti nei confronti degli animali

L’incidente drammatico dello scorso sabato a Torino, che ha coinvolto un aereo della pattuglia acrobatica delle Frecce Tricolori, causando la morte di una bambina di 5 anni, sta facendo molto parlare del fenomeno del “bird strike”, ossia lo scontro di un velivolo con uno stormo di uccelli.

Attualmente è in corso un’inchiesta per stabilire quale sia stata la dinamica esatta dell’incidente e per identificarne le cause. Il bird strike sarebbe solo un’ipotesi, accreditata però – come riportano diverse testate giornalistiche - da alcuni scambi in chat fra gli aviatori coinvolti, che ritengono che l’aereo fosse decollato nonostante l’alto rischio di scontro con alcuni volatili.

Per approfondire la vicenda, ne parliamo con Fabio Masci, ex-pilota dell’Aeronautica Militare e fondatore di The Edge Company, una società che si occupa dal 2017 di salvaguardia dell’avifauna e mitigazione del birdstrike attraverso l’uso dell’intelligenza artificiale – che è stata anche ospite al Congresso LAV 2019 per presentare il proprio sistema e collaborare con LAV nell’avvio di un progetto sperimentale a tutela degli animali presso l’aeroporto di Bologna.

In base ai dati Enac (Ente Nazionale per l’Aviazione Civile) nel 2022 in Italia ci sono stati 2.055 wildlife strike, ovvero scontri con gli animali selvatici. Fra questi, 40 hanno causato anche danni agli aerei. Sono dati in aumento?

Assolutamente sì. Negli ultimi anni gli scontri con gli animali sono aumentati e i motivi sono due: il primo è l’incremento del traffico aereo, quindi all’aumentare dei voli, aumentano ovviamente anche le possibilità di scontro con gli uccelli; il secondo è la riappropriazione, da parte degli animali selvatici, degli spazi lasciati liberi dall’uomo durante la pandemia.

Quindi è davvero molto frequente trovare uccelli e altri animali presso gli aeroporti?

Certo. Nonostante il rumore, gli aeroporti sono l’ambiente ideale per gli uccelli: ci sono ampie superfici calde, come le piste e le vie di rullaggio; ci sono edifici dove i volatili possono andare a rifugiarsi; ci sono ampie superfici erbose, dove ci sono insetti e quindi cibo; lo spazio è totalmente pianeggiante, quindi gli uccelli possono scrutare l’orizzonte e identificare facilmente un qualsiasi pericolo.

Attualmente come si prevengono gli scontri con gli uccelli nei nostri aeroporti?

In Italia si usano ancora i falchi per cacciare gli stormi e tenere lontani gli uccelli dalla zona. Anche se quello dei falchi non è un metodo efficace, ormai anche la letteratura sull’argomento ce lo dimostra. Innanzitutto, perché un falco non è sempre in volo, quindi non può monitorare costantemente l’area. Poi ci sono delle specie, come ad esempio i gabbiani, contro cui il falco è totalmente inutile: i gabbiani non temono i falchi. Infine, il falco è un animale che cerca di risparmiare le proprie energie e vola solo se è molto affamato. Ne deduco che, presso gli aeroporti, i falchi non debbano essere a pancia piena, anzi. Solo nel momento in cui sono molto affamati, vengono liberati, a quel punto loro spiccano il volo e vanno a predare gli stormi.

Questo è quindi un metodo cruento per affrontare il problema. Come lo è l’uccisione degli animali presenti in aeroporto da parte dei cacciatori o delle polizie provinciali e regionali, prevista dalla Legge 157/92 all’articolo 2, comma 3, che affida al Ministero dei Trasporti il compito di decidere quali iniziative portare avanti per allontanare o eliminare gli animali.

Lo è. Eppure, metodi non cruenti esistono. Io mi occupo del fenomeno del bird strike dalla fine degli anni Novanta. A quel tempo ero in servizio presso l’Aeronautica Militare e avevo introdotto un metodo di prevenzione degli scontri che richiedeva un’osservazione delle aree ad occhio nudo. C’erano un numero di persone incaricate di monitorare la zona di interesse, che segnalavano un’eventuale presenza di animali. Questo metodo, basato quindi sulla prevenzione, ci aveva dato dei risultati eccezionali, tanto da essere adottato da tutte le Forze Armate. Ma a livello di costi, soprattutto sulle grandi aree, era poco sostenibile, in quanto richiedeva l’impiego di troppe persone.

Così è nata The Edge Company?

Esatto. Con l’avanzare degli anni, e della tecnologia, abbiamo potuto implementare questo metodo attraverso l’uso dell’intelligenza artificiale. Oggi, attraverso le nostre tecnologie, riusciamo a scandagliare tutto il territorio e avere informazioni oggettive sullo stato delle cose. Evidenziamo tutti quelli che sono i cosiddetti “ostacoli non cooperativi”, non solo gli animali, ma anche ad esempio, i droni. E generiamo informazioni che consentono poi all’essere umano di scegliere come agire di conseguenza, come per esempio scegliere di non decollare per evitare un bird strike. In questo modo salviamo anche la vita stessa degli uccelli.

Questo sistema di monitoraggio che voi proponete, è usato in Italia?

Purtroppo no, in Italia abbiamo avuto ancora pochi riscontri. Però abbiamo sviluppato i nostri sistemi già in diverse parti del mondo, dal Bangladesh al Canada, passando per il Middle East. In Europa, ad esempio, siamo presenti in Germania.

Attraverso questa tecnologia, lo scontro di sabato si sarebbe potuto evitare?

Questo non possiamo dirlo, lo scontro è stato una fatalità veramente drammatica. Però sicuramente si può fare molto di più per prevenire questo genere di incidenti. Innanzitutto, come detto, osservare di più: se si è consapevoli del problema, si può agire di conseguenza. Ma se il problema non si conosce, non si riesce a intervenire. Poi bisognerebbe cercare di fare attenzione alla tutela degli habitat e alla gestione dei rifiuti: per diminuire la presenza dei volatili negli aeroporti, ad esempio, si dovrebbe evitare di lasciare scarti di cibo, che invece li attraggono. Noi esseri umani abbiamo il compito di comunicare agli uccelli che quello è un ambiente potenzialmente pericoloso, da cui occorre stare lontani; invece noi spesso, inconsapevolmente, li attiriamo proprio lì.

Quando si verifica un bird strike, purtroppo, sicuramente gli uccelli perdono la vita. Nella maggior parte dei casi, invece, i velivoli non subiscono gravi danni. Alcune volte, in casi eccezionali come quello di Torino, muoiono anche delle persone.

Noi di LAV chiediamo quindi che, a difesa di tutti, animali e esseri umani, il Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Matteo Salvini, l’Enac e tutte le altre Istituzioni corresponsabili di quanto accaduto prendano provvedimenti adeguati e conducano l’Italia sulla via dell’innovazione e della tecnologia, investendo in strumentazioni e metodi di monitoraggio non cruenti – che esistono già - che permetteranno davvero di mitigare il fenomeno degli scontri.