Prima ammazzano la loro mamma, che li aveva partoriti da pochi giorni, e poi catturano i piccoli, affidandoli alle "cure" di un allevatore intenzionato ad ucciderli entro fine anno.
Sembra la trama di un film horror, invece, è la drammatica storia di cinque cinghialetti venuti al mondo in un giardino privato in provincia di Biella, dove la loro mamma credeva di avere trovato un rifugio sicuro per darli alla luce.
“Questa storia ha dell’assurdo – commenta Massimo Vitturi, responsabile LAV Animali Selvatici – la madre poteva essere catturata con le gabbie che vengono da sempre utilizzate per la cattura dei cinghiali nelle aree protette, per poi essere rilasciata, insieme ai suoi piccoli, in un’area verde lontana dai centri urbani. È evidente che la scelta di ammazzarla senza nemmeno provare strade alternative, è stata fatta deliberatamente.”
Ferma restando la gravità e la crudeltà dell’uccisione di questa madre, per ovvi motivi etici e di umana compassione, non è superfluo ricordare anche le implicazioni legali della vicenda: i cinghiali, infatti, in quanto fauna selvatica, appartengono quindi al patrimonio indisponibile dello Stato, cederli a un privato è un atto illegale, ancor di più se quest’ultimo ne trae un profitto. Ne consegue che questa vicenda potrebbe configurare un danno economico allo Stato, come già affermato da recenti sentenze.
Abbiamo appena inviato una diffida al Presidente della Provincia di Biella, indirizzata anche ai Carabinieri e alla Procura della Repubblica perché venga immediatamente revocata ogni ipotesi di macellazione dei cuccioli e l’affidamento all’allevamento, chiedendo inoltre la reintroduzione in libertà dei piccoli, dopo un adeguato periodo di svezzamento.