Assocarni ha organizzato una tavola rotonda per “promuovere la filiera del vitello a carne bianca”, durante la quale si è parlato di benessere degli animali coinvolti nella filiera e di trasparenza rispetto ai consumatori.
Quella che è stata definita come “rigorosa filiera europea”, però, è attualmente oggetto di un’ampia revisione da parte della Commissione europea, volta proprio al miglioramento della normativa vigente, che non garantisce tutele e condizioni di benessere adeguate agli animali allevati.
I vitelli allevati per la loro carne vivono vite molto distanti da quelle che la loro natura richiederebbe: separati alla nascita dalle madri, isolati in box singoli, alimentati in modo artificiale con diete povere di ferro, proprio per assicurare quel colore chiaro della carne, in modo da ottenere un “prodotto” commercializzabile. Il vitello allevato per la carne di cui Assocarni vorrebbe valorizzare la filiera, insomma, è un animale malato e sofferente. E questo solo considerando la “normalità” degli allevamenti, a cui si aggiungono, poi, i casi tutt’altro che isolati di crudeltà e incuria.
Una logica distorta, imposta dalla necessità di utilizzare questi animali, surplus (o anche definiti come prodotti di scarto) della filiera del latte: le mucche producono latte solo se hanno un cucciolo, e da questo vincolo naturale inizia il ciclo infinito di inseminazioni, parti, separazioni dolorose tra madre e figlio, sfruttati l’una per il suo latte e l’altro per la sua carne. Carne di “seconda scelta” che, a scapito dello status, causa una sofferenza enorme ed inaccettabile a questi animali.
Durante l’evento di Assocarni, come se non bastasse, si è fatto riferimento a rigorose norme di etichettatura che, però, risultano inesistenti: sempre in Europa, infatti, si sta discutendo di un progetto di armonizzazione dell’etichettatura che garantisca ai consumatori informazioni davvero trasparenti sul metodo di allevamento e sugli standard di benessere animale rispettati. Risultato che si spera di raggiungere negli anni a venire come parte della strategia Farm to Fork.
Insomma, non c’è benessere e non c’è trasparenza: per essere sicuri di non causare sofferenza l’unica scelta possibile è quella di lasciare tutti gli animali fuori dal piatto!