Batterio listeria nei wurstel di pollo e tacchino
I casi di contagio da parte del batterio listeria, rinvenuto nei wurstel di pollo e tacchino, non sono un caso isolato e neanche un evento eccezionale, quanto, piuttosto, una prevedibile conseguenza delle condizioni in cui sono allevati gli animali che finiscono nei piatti dei consumatori.
Gli animali, stipati in strutture sovraffollate, spesso condivise con animali morti da giorni, vivono in condizioni di malessere e stress psicofisico costante. Il terreno ideale per la diffusione di agenti patogeni che, attraverso il cibo, possono arrivare fino all’uomo, con conseguenze anche molto gravi.
Le scarse condizioni igieniche e la promiscuità cui sono costretti gli animali negli allevamenti rappresentano una grande minaccia alla sicurezza alimentare e alla salute pubblica, tutto con l’unico fine di produrre sempre più animali a costi sempre più bassi.
Preoccuparsi delle linee guida di igiene nella manipolazione e nella cottura degli alimenti, piuttosto che intervenire a monte del problema, che vede gli allevamenti come bombe a orologeria, è una prassi già vista in questi due anni di pandemia e non è la soluzione.
Il costo nascosto della carne è enorme, oltre che per motivi etici di numeri enormi di animali uccisi ogni anno, in ogni istante, anche in termini di impatto ambientale e sanitario, come mostra la ricerca LAV #CARISSIMACARNE. Ed è tra le esternalità della produzione e del consumo di carne che vanno conteggiati proprio quei ricoveri e quelle morti dovute ad infezioni di origine zoonotica, sempre più frequenti.
È necessario comprendere che non si tratta solo di “lotti incriminati”, ma di animali sempre più malati. E questo sposta l’asticella della probabilità: le infezioni da consumo di carne e altri prodotti di origine animale non sono un’eccezione, ma sono costi per cui nessuno si assume responsabilità e che, quindi, paghiamo tutti.