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Cacciatore condannato per reato di bracconaggio, ma pene troppo esigue!

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Ultimo aggiornamento

giovedì 16 gennaio 2020

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Il 15 settembre 2019, all’apertura della stagione di caccia, tre agenti della Polizia Provinciale di Vicenza sorprendevano un cacciatore mentre utilizzava un richiamo acustico elettromagnetico per uccelli, vietato dalla legge; raggiunto il capanno, rinvenivano i corpi di una tortora dal collare orientale e di un prispolone. Perquisendo il garage del cacciatore, gli agenti scoprivano – in una cella frigorifera – decine di sacchetti contenenti uccelli congelati. Complessivamente venivano rinvenuti 688 uccelli protetti, tutti appartenenti a specie non cacciabili: tortore dal collare orientale; peppole; passeri d’Italia; fringuelli; cardellini; fanelli; verdoni; frosoni; verzellini; picchio verde; tordela; zigoli neri; prispoloni; migliarino di palude; cinciallegra; capinere; luì piccolo; cinciarella; pettirosso.

Abbiamo seguito questo grave episodio di bracconaggio ad opera di un cacciatore, che si è concluso con la condanna ad una ammenda di mille euro e alla confisca e distruzione del fucile da caccia.

Ancora una volta si verificano due occorrenze: un cacciatore in possesso di regolare licenza si dimostra essere anche un bracconiere, e le pene pecuniarie si rivelano del tutto inefficaci come deterrente, considerato che la vita di ognuno degli uccelli è stata valutata poco più di un euro! Rimane la soddisfazione per quella che per un cacciatore è una vera e propria onta, la confisca e distruzione del suo fucile.