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Antimicrobico-resistenza: ecco cosa c’entrano le condizioni degli animali negli allevamenti

L’antimicrobico-resistenza annualmente provoca 37 mila decessi in Europa, un numero amplificato dall'uso eccessivo, in medicina umana e veterinaria, dei farmaci antimicrobici.

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venerdì 12 maggio 2023

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Animali negli allevamenti

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Anche per questi motivi LAV porta avanti la campagna No Animal Left Behind

La diffusione di un fenomeno come l’antibiotico-resistenza ha assunto dimensioni drammatiche tali da rendere indispensabile e non procrastinabile una programmazione degli interventi preventivi, attraverso, in ultimo, l’approccio globale One Health, che per la prima volta evidenzia la stretta connessione tra salute dell’essere umano e qualità della vita di animali e ambiente.

Proprio la stretta connessione tra animali, salute e ambiente palesa la necessità di garantire agli animali negli allevamenti migliori standard di vita e maggiori tutele: la riduzione dell’utilizzo degli antibiotici non può che essere strettamente connessa all’applicazione di elevati standard di qualità di vita degli animali in allevamento e di biosicurezza.

Solo in Europa l’antimicrobico-resistenza annualmente provoca 37 mila decessi (Fonte: AIFA) e la media italiana è seconda solo alla Spagna. L’Organizzazione mondiale della sanità definisce questa come una pandemia silenziosa.

Recentemente, infatti, il fenomeno dell’antimicrobico-resistenza risulta amplificato e accelerato dall'uso eccessivo e improprio, sia in medicina umana che veterinaria, dei farmaci antimicrobici.

Negli allevamenti, in particolare, vi è un massiccio utilizzo di antibiotici e questo perché gli animali allevati, per la selezione genetica estremizzata che subiscono, sono diventati dei cloni gli uni degli altri, con un sistema immunitario simile che determina un maggiore rischio di infezione: si ammala un animale, rischiano di ammalarsi tutti.

A ciò si aggiunge anche il fatto che lo stress degli animali negli allevamenti e le condizioni nelle quali tali animali sono detenuti, fa sì che sempre più frequentemente agli animali vengano somministrati antibiotici (in via curativa, ma anche preventiva). Negli allevamenti sono, dunque, numerosi gli animali ai quali, nel corso della loro breve vita, vengono somministrati più cicli antibiotici.

Le tracce di queste terapie restano poi nella carne che le persone consumano. Gli alimenti di origine animale, infatti, contribuiscono maggiormente, rispetto a quelli di origine vegetale, alla quota di geni di antibiotico resistenza presenti nell’intestino umano (Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie nell’ambito di una ricerca finanziata dal Ministero della Salute e pubblicata sulla rivista International Journal of Antimicrobial Agents).

Nello specifico, gli antibiotici, esercitando forti pressioni selettive sulla popolazione microbica, possono produrre effetti deleteri sulla salute degli esseri umani e degli animali, a causa della perdita di efficacia delle terapie, con conseguente rischio di maggior gravità e diffusione delle malattie.

Non sembra dunque essere casuale che soprattutto dalla fine del Novecento in poi, si siano diffuse malattie infettive trasmesse da vettori, che circa il 75% delle malattie infettiva emergenti sia di origine animale (Fonte: EFSA) e che negli ultimi tre decenni siano stati rilevati almeno 30 agenti patogeni, prima del tutto sconosciuti. Gli allevamenti, l’abuso di farmaci per gli animali, lo sfruttamento del suolo, la perdita di biodiversità, i cambiamenti climatici e distruzione degli habitat, le alte densità degli insediamenti urbani umani sono fattori che favoriscono direttamente o indirettamente la diffusione di malattie ed epidemie mettendo in contatto organismi che prima lo erano e liberando patogeni sconosciuti.

Dalle vicende sanitarie e sociali che la recente pandemia ha provocato, dovremmo aver imparato quanto sia sempre più imprescindibile concepire la salute come unica e globale, senza distinguere tra essere umani, animali o vegetali e garantendo agli animali le tutele di cui hanno bisogno.

Anche per questi motivi LAV porta avanti la campagna No Animal Left Behind, finalizzata a garantire un futuro migliore agli animali. La Commissione europea, a ottobre 2023, proporrà, infatti, la bozza di revisione della legislazione sulla tutela degli animali allevati: un’occasione unica per cambiare la vita di milioni di esseri senzienti in tutto il territorio dell’Unione europea che non può e non deve essere sprecata!