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Animali nello spazio? Un approccio vecchio di 50 anni

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Ultimo aggiornamento

lunedì 20 maggio 2013

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Non è un film di fantascienza, ma purtroppo la realtà: nel 2013 si mandano ancora animali nello spazio! 

Il satellite russo Bion-M1 è stato lanciato 30 giorni fa in orbita a circa 100 chilometri a nord-est di Orenburg, con diverse specie animali a bordo, per sondare l’effetto della mancanza di gravità e le modificazioni biomolecolari a seguito di possibili voli interplanetari. Investigazioni che evocano tristi immagini degli anni ’50 quando la cagnolina Laika viaggiò nello Sputnik 2, morendo di stress e surriscaldamento subito dopo aver raggiunto lo spazio.
Anche questa volta la maggior parte degli animali è morta a causa di un malfunzionamento delle apparecchiature durante il volo spaziale, ma nonostante l’evidente fallimento gli scienziati hanno affermato che continueranno l’esperimento.

Costringere animali vivi, privati di qualsiasi esigenza fisica e ambientale della specie, perché costretti in minuscole gabbie e sottoposti ad alimentazione forzata ed assenza di gravità, per studiare gli effetti che tale situazione produce sull’apparato muscolo-scheletrico, è eticamente inaccettabile e scientificamente fuorviante.
E’ noto, infatti, come fibre muscolari e apparato scheletrico differiscano notevolmente tra uomo e roditori. In particolare, in questi animali l’asse femorale è pressappoco perpendicolare all’asse vertebrale. Al contrario nell’uomo asse vertebrale e femorale sono quasi paralleli, di conseguenza il carico sull’articolazione è fortemente superiore nella nostra specie rispetto al topo o al gerbillo.

Tessuto muscolare e scheletrico, inoltre, differiscono tra le specie per formazione e degenerazione ossea, picco della massa ossea ed entità della risposta infiammatoria ed immunitaria, rendendo qualsiasi risultato non attendibile se applicato a specie diverse da quelle oggetto di sperimentazione.
Considerazioni note alla scienza da decenni. Nonostante questo, purtroppo, il clima è ancora quello della guerra fredda e a farne le spese sono, come al solito, gli animali, sebbene siano disponibili numerosi metodi alternativi come studi clinici su soggetti che presentano già le disfunzioni e patologie in esame, tra cui gli astronauti stessi, sui quali gli studi produrrebbero risultati certamente più attendibili e utili.

*Michela Kuan, biologa, responsabile LAV settore Vivisezione