L’approccio One Health è ormai concetto conosciuto, che sottolinea l’importanza di una prospettiva unitaria, che tenga conto delle interconnessioni tra salute dell’uomo, degli animali e dell’ecosistema in cui tutti siamo inseriti.
Ed allora la domanda che sorge spontanea è: come possiamo pensare di continuare a basare il nostro sostentamento sullo sfruttamento degli animali? Semplicemente non possiamo. L’allevamento pone una questione etica importante sul modo in cui trattiamo gli altri esseri senzienti, abitanti di questo Pianeta di egual diritto al nostro, che non possiamo più rimandare.
Ma non solo. L’attuale sistema agroalimentare è al centro di quella che possiamo definire un’ingiustizia trasversale: alla crudeltà intrinseca sugli animali, si aggiunge l’ingiustizia climatica ed ambientale, che colpisce in modo diverso zone diverse del Pianeta, con gravi implicazioni distributive ed intergenerazionali.
Ed ancora, l’attuale sistema di sfruttamento animale per la produzione di cibo è strettamente collegato all’incremento di zoonosi, antimicrobico-resistenza, e malattie non trasmissibili, quali diabete di tipo 2, malattie cardio-circolatorie, cancro e obesità, che la scienza mostra essere correlate ai consumi di prodotti di origine animale, con ripercussioni più pesanti sulla salute delle popolazioni più fragili.
Le parole di Martin Luther King sono oltremodo attuali: “Injustice anywhere is a threat to justice everywhere”, l’ingiustizia in qualsiasi parte è una minaccia alla giustizia ovunque.
Parole che delineano il ritratto del nostro Pianeta malato, che possiamo curare solo scardinando il sistema di sfruttamento su cui ancora oggi reggiamo la nostra esistenza.
Lorenza Bianchi
Responsabile Area Animali negli Allevamenti